“Laureata in lettere e filosofia, cerca lavoro come segretaria, commessa, cameriera o barista. Predetta esperienza in tutti i suddetti ruoli dimostrabile. Disponibilità immediata”. Ai ragazzi che hanno conquistato la maturità, anche ai campioni del “100”, prima di scegliere la facoltà universitaria, consiglio una lettura anomala, singolare, forse un po’ noiosa ma utile: prendete in mano “Porta Portese” o “La Soffiata” (a Crema si chiama così) o qualche altro giornale di annunci lavorativi. Sfogliate la seconda e terza pagina. Soffermatevi alla rubrica “lavoro cerco”. Non fermatevi al primo avviso. Leggete il secondo e il terzo, come se stesse sgranando il rosario. All’inizio penserete che si tratta di una sola persona che proprio non ce la fa. Sarà un po’ sfigata. Forse ha scelto proprio filosofia che non dà certo lavoro nel 2014. Eppure no.
“Ragazza laureata in lingue di 32 anni, cerca lavoro come impiegata commerciale estero, insegnante, agende di viaggi e per creazione di filmati audio/video per occasioni speciali”. Un’altra sfortunata? Neanche la conoscenza delle lingue può aiutare in questo Paese a trovare lavoro?
Qualcuno mi dirà: “Ma dove vivi Corlazzoli? Non lo sapevi?”. Forse ci siamo assuefatti a questa atmosfera, ai numeri sulla disoccupazione giovanile, a quel 21,8% di ragazzi tra i 24 e i 29 anni che non studiano e non lavorano. Eppure non riesco ad abituarmi alla storia di Laura che sulla “Soffiata” scrive: “Neolaureata cerca lavoro come cameriera o barista”. Non voglio nemmeno che diventi normale pensare che Giorgia, dopo una laurea in architettura, finisca a fare la badante all’anziana madre di un mio amico. Provate a fare un giro in qualche catena di fast food: quando acquistate le patatine fritte con il Mc regalo, chiedetevi chi è quel ragazzo che puzza di fritto. Cosa ha fatto fino a ieri, quella giovane dietologa, che trascorre la giornata a spremere legumi e melanzane? Perché deve stare dietro il bancone del bar?
I nostri giovani sono ormai disposti a tutti. Altro che “choosy“, “fannulloni”, “bamboccioni”, “sfigati” e “poco occupabili”, come li hanno definiti i politici dei vari governi che si sono succeduti.
Provate a trascorrere una mattinata al Centro per l’impiego della vostra città. Guardate in faccia i volti di quei ragazzi che arrivano a dichiarare il loro stato occupazionale. Sanno già che per loro non c’è nulla. Sul sito del Cpi di Cremona cercano saldatori, autisti, carpentieri, tutti a tempo determinato. Nulla di più. E allora vien da chiedere: a che servono i Centri per l’impiego?
Questa è la cartolina dell’Italia. Chi ha terminato la scuola secondaria superiore, non può iscriversi all’Università senza pensare al contesto socio economico di questo Paese.