Il leader del Movimento 5 stelle ha assistito a parte della discussione a Palazzo Madama e poi si è fermato a pranzo con i suoi. Intanto l'assemblea Pd ha approvato il testo elaborato dalla Commissione affari costituzionali
In Aula ostruzionismo per evitare la riforma del Senato, negli uffici i parlamentari che preparano la lettera di risposta al Partito democratico. Il Movimento 5 stelle gioca la sua battaglia con il governo su due fronti. E nel mezzo c’è Beppe Grillo, il leader a Roma per sentire l’aria e rinfrancare gli animi, ma soprattutto per cercare di non perdere di vista i suoi in uno dei momenti più complicati dalla nascita del Movimento. “Giovedì con Renzi vedremo cosa fare”, commenta il comico mentre è a pranzo con alcuni parlamentari a Palazzo Madama. L’incontro è previsto fra due giorni, ma il leader non ci sarà. Anche se assicurano che nella risposta scritta c’è anche un suo contributo. “Ci stiamo giocando la democrazia in questo Paese”, commenta, “Io non vengo a dettare la linea, ma vengo a salutare i parlamentari e a rassicurarli perché sono depressi visto che ormai non prendete nemmeno in considerazione le loro proposte”.
Intanto i senatori 5 stelle continuano con i loro interventi in Aula per rallentare l’inizio del voto del ddl Boschi. Nessuna azione di protesta è in programma, anche per evitare di rendere ancora più tesa la situazione con il presidente del Consiglio. Parte della seduta è stata seguita anche dal leader del Movimento Cinque Stelle: è entrato dall’ingresso principale, dove si è trattenuto per pochi secondi con una donna cui ha detto: “Che vuoi il voto indietro, ne ho tre, dai, ti do tre voti…”. Si è poi messo la cravatta nel disimpegno dell’ingresso ed è salito in tribuna da dove ha fatto dei cenni con la mano, sia con l’indice sia mimando “l’ok”. Ha poi scritto qualcosa su un foglietto portatogli da Rocco Casalino, dell’ufficio stampa del Movimento. Grillo è ora entrato nella sala dei gruppi del M5S.
Il Partito democratico cerca invece di restare compatto nonostante i malumori. L’assemblea Pd ha approvato con 86 sì e un astenuto il testo delle riforme licenziato dalla Commissione affari costituzionali. I dissidenti non hanno partecipato al voto evitando il “no” e tra di loro si è astenuto solo Massimo Mucchetti che ieri ha detto la sua sul patto Renzi-B, dicendo che in realtà a trarre maggiori vantaggi è Verdini. La non partecipazione al voto da parte dei dissidenti, ha spiegato il capogruppo Luigi Zanda, “è un esplicito gesto di apertura, in vista dei possibili cambiamenti del testo in Aula”. Dello stesso parere anche il vicepresidente del gruppo Giorgio Tonini, il primo che aveva parlato di eventuali provvedimenti in caso di voti non in linea con il gruppo: “E’ un esito positivo perché anche i colleghi che non erano d’accordo hanno mostrato una disponibilità in vista della fase emendamentiva in Aula”. Erica D’Adda, senatrice appartenente al gruppo dei dissidenti, ha spiegato che a suo giudizio sarebbe stato più opportuno evitare un voto: “E’ stato detto che il testo cambierà in Aula; allora perché votare su un testo della Commissione che verrà superato? Magari si può trovare un punto di convergenza. Così è un voto non sul merito ma sulla disciplina di partito”. In mattinata la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani: “Dico no alla libertà di coscienza dei parlamentari nel voto sulle riforme istituzionali – ha detto a Radio Anch’io – Nel Pd abbiamo tenuto un confronto molto approfondito per ottenere la quadratura di un equilibrio istituzionale importante per il Paese. Il dissenso è legittimo, ma tutti dovrebbero rispettare la maggioranza del partito e anche gli elettori che li hanno votati”.
Alle 20 scade il termine per la presentazione degli emendamenti. Intanto si conta il 21esimo dissidente della maggioranza, il senatore Antonio D’Alì (Nuovo Centrodestra): “Credo che questa riforma debba essere fortemente ripensata; così come è non la voterò – ha dichiarato – Mi auguro che ci possano essere alcune fondamentali modifiche nel dibattito d’aula. Ma se così non dovesse essere, o se il dibattito dovesse essere strozzato, certamente questa riforma non potrà avere il mio voto”.