Secondo l'avvocato Dinacci, che con il professor Coppi sostiene la difesa dell'ex premier, "non erano consentite visto il reato": da codice, non si potevano disporre per il reato di induzione alla prostituzione, come invece è stato fatto dagli inquirenti. Inoltre non ci fu "nessun vincolo costrittivo" che indussero gli agenti ad affidare la marocchina minorenne alla Minetti. Oggi al via anche il processo d'appello per l'ex consigliera, Emilio Fede e Lele Mora. Il procedimento rinviato al 25 settembre
Ruby atto secondo. Al Tribunale di Milano sono due i processi in appello per la vicenda della ragazza marocchina ospite delle serate ad alto tasso erotico di Arcore. Oggi è partito ed è stato subito rinviato al 25 settembre il giudizio di secondo grado per l’ex direttore del Tg4 Emilio Fede, l’ex agente Lele Mora e l’ex consigliera regionale Nicole Minetti condannati rispettivamente a 7 e 5 anni in primo grado ed è iniziata la due giorni della difesa per il processo in cui Silvio Berlusconi è imputato per concussione e prostituzione minorile.
L’avvocato Dinacci: “Le intercettazioni sono inutilizzabili”. “Le intercettazioni devono essere dichiarate inutilizzabili” perché “non consentite visto il reato”: da codice, non si potevano disporre per il reato di induzione alla prostituzione, come invece è stato fatto dagli inquirenti sostiene l’avvocato Filippo Dinacci. Non solo: per il legale con il ritardo nelle registrazioni sul server della Procura è stato violato “il principio di legalità”, mentre riguardo ai tabulati telefonici, con cui “sono riusciti a ricostruire le presenze di certe presenze nella dimora di un parlamentare“, le normative europee precisano che “si possono acquisire solo per reati molto gravi come il terrorismo”.
Per la difesa, inoltre, la competenza territoriale riguarda Monza visto che il capo di gabinetto della questura di Milano Pietro Ostuni riceve la telefonata nella sua abitazione a Sesto San Giovanni, mentre il ricorso al giudizio immediato “ha pregiudicato i diritti dell’imputato: su 88 elementi di prova 55 non sono stati contestati all’imputato nel momento del giudizio immediato. Sono stati depositati e posti a conoscenza dell’indagato solo un terzo degli atti” gli altri due terzi erano in parte “già stati acquisisti dalla procura e un’altra parte sono atti eseguiti dopo”.
Dopo la richiesta di conferma di condanna da parte del pg di Milano oggi nquindi la parola è passata alla difesa. La condanna a 7 anni è basata non su prove ”ma su un convincimento su presunte prove”, in sostanza su delle “opinioni” ha detto all’inizio del suo intervento Dinacci. Secondo la difesa, rappresentata anche dal professore Franco Coppi (l’arringa proseguirà anche mercoledì), in questo procedimento “c’è un vizio lampante ed è la carenza di fedeltà ai principi del processo, perché il processo deve essere basato sui fatti e sulle prove non sulle opinioni”.
“Competenza territoriale di Monza, non ci fu nessun ordine a Ostuni”. Dinacci ha riproposto anche la questione di incompetenza territoriale a favore del Tribunale di Monza, dato che il capo di gabinetto della Questura Pietro Ostuni ricevette la chiamata dell’ex premier nella sua casa di Sesto San Giovanni. E ha richiamato più volte le normative europee e le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, spiegando che “l’Europa ci guarda e non può essere violato il principio del giusto processo”. Sempre sulle intercettazioni, secondo Dinacci, con il ritardo nelle registrazioni sul server della Procura è stato violato “il principio di legalità”, mentre i tabulati telefonici, con cui gli inquirenti “hanno seguito passo passo i movimenti” delle persone coinvolte, sempre secondo le normative europee, “si possono acquisire solo per reati molto gravi come il terrorismo”.
“Nessun ordine” fu impartito da Berlusconi al capo di gabinetto della questura di Milano Pietro Ostuni, “nessun vincolo costrittivo” che induca gli agenti ad affidare Ruby al consigliere lombardo Nicole Minetti ha sostenuto Dinacci. Per il legale la telefonata fu “una mera segnalazione, nulla di più”, mentre l’agente Giorgia Iafrate, tra le protagoniste di quell’affidamento contestato “ha fatto quello che doveva fare”, rispettando la procedura. Se l’accusa sostiene che Ostuni abbia agito per il timore di avere ripercussioni, per Dinacci “il timore non può sorgere solo perché è il presidente del Consiglio”‘ perché in quel caso “io non sono responsabile di quello che ho fatto, ma sono responsabile per quello che sono”. E si chiede: “se un magistrato chiama in questura per chiedere un passaporto per il figlio e dice ‘se non può occupare lei’ è concussione? L’aver chiamato e aver chiesto a Ostuni se può interessarsi a quella questione basta – conclude – per ipotizzare la concussione?”.
L’avvocato Coppi: “Sentenza di primo grado è un disastro sul piano giuridico”. “La tesi dell’ordine perentorio è una invenzione della sentenza” del Tribunale di Milano. “Per noi non ci fu minaccia, ma fu il timore reverenziale” che portò il funzionario ad intervenire dice Franco Coppi. Per il legale, la sentenza del 24 giugno dell’anno scorso, che ora punta a ribaltare, è “un disastro sul piano giuridico” per vari motivi. “Non c’è – ha affermato – una fonte di prova che consente di parlare di un ordine” impartito dall’allora Presidente del Consiglio. E poi, per come è stata raccontata in aula dai testimoni che hanno assistito a quella telefonata, “non c’è una parola che suonasse come un ordine.
Nessuno lascia prospettare un ordine perentorio o minacce”. Eppure, prosegue l’arringa del legale, la sentenza del Tribunale “parla di un ordine con effetti devastanti per Ostuni il quale aderisce alla richiesta, altrimenti chissà cosa sarebbe successo alla sua carriera”. Una tesi, a dire del difensore, che poi il Tribunale “non riesce a portare avanti e fa marcia indietro e alla fine introduce la minaccia implicita e cioè dovuta al fatto che la richiesta proviene dall’allora Presidente del Consiglio”. “Per noi, se tutto ciò fosse vero, non si potrebbe andare oltre al timore reverenziale di Ostuni. È timore reverenziale, non una minaccia, ed è uno stato d’animo e non possiamo andare oltre”, ha aggiunto Coppi. Il difensore, per questo e per altri motivi, rivolgendosi ai giudici della seconda corte d’Appello ha detto: “Reclamiamo una sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto“.
“Ruby? Da lei fantasie autistiche. Non è credibile”. La difesa ha anche puntato il dito contro la parte offesa: Karima el Marough che non si è mai costituita parte civile e ha sempre negato di aver avuto rapporti sessuali con l’allora premier. “Una persona disonesta con le istituzioni e con gli altri, non credibile e che, come spiegato anche da psicologi e operatori sentiti in aula, soffre della tendenza a fantasticherie autistiche” dice Dinacci, Il legale in aula ha citato una per una tutte le “bugie” della giovane e ha parlato delle molte “dichiarazioni da lei rese ma inventate” e ha parlato delle sue “manie manipolative” invitando i giudici a “fare attenzione alla valutazione del contenuto delle sue conversazioni telefoniche intercettate e dei suoi verbali”. La sentenza prevista il 18 luglio.