Scienza

Aids, per l’Onu “entro il 2030 sarà possibile fermare l’epidemia del virus Hiv”

La diffusione della malattia "sembra essere sotto controllo". Secondo il rapporto diffuso dallle Nazioni Unite, "oggi più che mai, c'è la possibilità di combattere la battaglia finale", visto che "il numero dei morti è diminuito del 35%" mentre sta crescendo l'accesso alle terapie antiretrovirali

In meno di vent’anni il virus dell’Aids potrebbe essere fermato. E’ quanto afferma l’Onu, dandosi come data ultima per dare uno stop alla diffusione della malattia il 2030. “Porre fine all’epidemia provocata dal virus Hiv è possibile”, ha affermato Michel Sidibé, direttore esecutivo dell’Unaids, il programma congiunto dell’Onu su Hiv/Aids. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, nel mondo ci sono circa 35 milioni di sieropositivi, di cui 24,7 milioni nell’Africa sub-sahariana. Dallo scoppio dell’epidemia, più di trent’anni fa, 78 milioni di persone sono state infettate e 39 milioni sono morte per malattie correlate all’Aids. Dati che non sembrano spaventare l’Onu, capace di mettere nero su bianco la possibilità di dare un freno all’epidemia. “Questo traguardo potrebbe essere raggiunto entro il 2030 in ogni Paese” anche perché “il numero di morti per il virus sta diminuendo”, continuano le Nazioni Unite.

Secondo un’analisi del rapporto fatta da al Jazeera, ci sono diverse ragioni per accreditare la speranza di raggiungere il controllo della malattia. Il mondo ha osservato importanti cambiamenti sul fronte dell’Aids e sono stati registrati più successi negli ultimi cinque anni che ne 23 precedenti, sottolinea l’Uniads. In particolare, l’accesso alle terapie antiretrovirali è cresciuto, portando a 12,9 milioni il numero di persone con l’Hiv che vi hanno accesso, pari al 37% di chi convive con il virus. Sempre secondo al Jazeera, la diffusione dei farmaci antiretrovirali è tra i miglioramenti più importanti e decisivi, se si pensa che un anno prima erano in trattamento solo 10 milioni di malati, mentre nel 2010 meno di 5 milioni subivano il trattamento. Per quanto riguarda le nuove infezioni, dal 2001 sono diminuite del 38%. Calo anche per i decessi, scesi del 35% negli ultimi 10 anni. “Oggi più che mai, c’è la possibilità di combattere la battaglia finale per la diffusione del virus”. 

Prospettive positive, quindi, anche se molto resta da fare. Primo fra tutti, un cambio di approccio. Incrementati quindi i fondi destinati al debellamento del virus: così che i 19 miliardi di dollari decisi dal programma delle Nazioni Unite per il 2013, dovranno necessariamente aumentare per il 2015, crescendo fino a 24 miliardi. Il rapporto definisce quindi i prossimi cinque anni come determinanti per indirizzare l’andamento dei prossimi 15. “Se il mondo accrescerà gli sforzi entro il 2020, l’umanità sarà in grado di porre fine all’epidemia”, continua Sidibé. 

Per “fine dell’aids”, quindi, si intende che la diffusione del virus potrebbe essere sotto controllo, anche perché è stato marginalizzato l’impatto della malattia per le persone e i contesti sociali. Il virus continuerà probabilmente ad esistere a lungo, ma il suo impatto può essere annullato applicando azioni di prevenzione e continuando a diffondere le cure esistenti. Una malattia per cui tutt’ora non esiste la cura, come ha dimostrato il noto caso della bambina statunitense nata sieropositiva, che sembrava fosse guarita fino a che qualche giorno fa non è tornata ad avere tracce di Hiv nel sangue.