Quattro anni fa nella Spagna campione c'erano sei giocatori allenati dall'ex centrocampista; altrettanti quelli scelti da Joachim Loew per la Mannschaft che ha superato l'Argentina: altro che fine del guadiolismo
C’è un uomo nascosto tra le pieghe delle squadre vincitrici degli ultimi due Mondiali. La sua presenza si tocca nei numeri e nei giocatori protagonisti. Nell’undici di partenza della Spagna che piegò l’Olanda in Sudafrica c’erano sei atleti del Barcellona. Altrettanti ne ha scelti Joachim Loew tra quelli del Bayern Monaco per affondare l’Argentina. Ai quali si aggiunge l’uomo partita Mario Gotze, arrivato in Baviera perché attirato dalle sirene dell’uomo nascosto. Che risponde al nome di Pep Guardiola.
L’allenatore iberico ha le facce di Neuer, Boateng, Lahm, Schweinsteiger, Kroos, Muller e di colui che lui vorrebbe trasformare nel “Messi del Bayern”. Nel 2010 il blocco del suo Barcellona finiva per confondersi con la Spagna tutta: Piqué e Puyol in difesa, Busquets nel ruolo di frangiflutti, Xavi e Iniesta a dispensare calcio e Pedro un po’ più avanti a sostegno di Villa. La spina dorsale che ha sorretto lo storico ciclo delle Furie Rosse era stata assemblata da Pep, che quest’anno ha seminato il germe del suo sistema di gioco in Germania mentre la Spagna e il mondo tutto ne celebravano la morte. E’ molto più tiki -taka quello del Bayern che la fitta ragnatela di passaggi della Mannschaft fresca campione del mondo, ma nell’inspessimento del palleggio e in alcune azioni ‘alla mano’ viste in Brasile – piaccia o no – c’è odore di guardiolismo.
Forse dato prematuramente per defunto e bollato come non replicabile da altri interpreti. Prendete l’azione del 3-0 alla Selecao chiusa da Kroos su assist di Lahm: palla toccata una, massimo due volte e inserimenti perfetti per arrivare vicino alla porta. E’ solo da lì che i tedeschi ha azzannato la preda durante il Mondiale. Tutte le 18 reti tedesche sono state realizzate in area di rigore. Qualcosa di simile all’“estamos tocando tiki-taka, tiki-taka”, per affondare alle origini del termine che ha segnato l’ultimo decennio anni del calcio.
Più agile e meno barocco, certo, ma comunque basato sul grande movimento senza palla, che deve viaggiare di piede in piede con rapidità. Al Maracanà la Germania ha chiuso con il 60 per cento di possesso e 736 passaggi completati, percorrendo 112 chilometri totali. Numeri simili a quanto hanno messo insieme nelle sette partite della Coppa del Mondo: 4157 passaggi completati (82 per cento dei tentati), di cui appena 377 lunghi. Secondo il Castrol Index, introdotto nel 2009 per calcolare l’impatto di un giocatore nel creare ed evitare gol, Toni Kroos è stato il migliore in assoluto in Brasile. E nell’undici ideale la matematica avrebbe schierato altri quattro tedeschi, tre dei quali bavaresi (Neuer, Hummels, Lahm e Muller). In Sudafrica sei spagnoli chiusero nella Top10, otto a Euro 2012 e per quattro anni Messi ha dominato il ranking ideato da Castrol e adottato dalla Fifa.
C’è un po’ di Guardiola sparso in tutto questo e ci sarà sempre più Pep nella prossima stagione del Bayern, dove tutti gli occhi osserveranno l’evoluzione Gotze. Il rapporto con il 22enne talento sbocciato nel Dortmund non è stato finora dei più semplici. Il golden boy tedesco ha visto le semifinali di Champions dalla panchina ed è stato schierato titolare in 29 delle sue 45 presenze, senza mai trovare un ruolo definitivo: un po’ a sinistra al posto di Ribery e un po’ a destra quando Robben non era disponibile, alla ricerca di una funzione nel sistema di Pep per lui che nasce trequartista. Chissà che Guardiola, partito con l’idea di farne il “Messi del Bayern”, nell’anno in cui è attesa la maggiore trasformazione nel gioco dei bavaresi, non gli ricami addosso un ruolo più simile a quello che aveva Iniesta, altro risolutore di finali al supplementare, nel 4-3-3 praticato nel miglior momento del Barcellona. Se non è tiki-taken, in futuro potrebbe assomigliargli molto.