“Non conoscevo Sergio De Gregorio e ho avuto contezza dell’accaduto solo quando ho ricevuto la lettera con la quale chiedeva scusa per aver fatto cadere il mio governo”. Parla la vittima, Romano Prodi. Sentito come testimone al processo per la compravendita dei senatori che vede imputati Silvio Berlusconi e Valter Lavitola (l’ex senatore Idv De Gregorio, poi passato col Pdl, ha patteggiato venti mesi ed è uscito dal dibattimento), Prodi ha deposto per circa un’ora ribadendo un concetto: “Non sono mai stato informato di vicende precise, altrimenti a questa ora io sarei ancora presidente del Consiglio. Io al governo ci stavo volentieri”. Insomma, Prodi non sapeva. Non si era accorto delle manovre che hanno preceduto la sua defenestrazione, avvenuta nel gennaio 2008 dopo meno di due anni dall’insediamento con un voto di sfiducia al Senato al quale contribuirono anche i fuorusciti dalla maggioranza Clemente Mastella e Tommaso Barbato: “A distanza di tanti anni – si è lasciato sfuggire in aula Prodi – devo ancora capire perché l’Udeur lasciò il governo”.
Prodi ha affermato che il primo contatto diretto con De Gregorio risale alla lettera spedita il 12 giugno 2013 con la quale l’ex senatore gli ha chiesto scusa. L’ex premier era stato già sentito come testimone dell’inchiesta della Procura di Napoli nel marzo precedente. In aula Prodi ha portato e riassunto la lettera, e la risposta da lui scritta e inviata il 4 luglio successivo. Il documento a firma di De Gregorio è stato acquisito al fascicolo del dibattimento – ma non la risposta – su richiesta del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e del pm Fabrizio Vanorio. La difesa, rappresentata dagli avvocati Niccolò Ghedini e Michele Cerabona per Berlusconi, e dall’avvocato Marianna Febbraio per Lavitola (che nei giorni scorsi ha revocato i precedenti legali), non si è opposta all’acquisizione ponendo però una riserva sull’utilizzabilità: chiedono cioè che De Gregorio venga in aula a confermare l’autenticità della missiva, non consegnata personalmente a Prodi ma spedita per posta al suo recapito bolognese.
A domanda dei pm, Prodi ha precisato che gli giungevano continue ‘chiacchiere’ sui tentativi del centrodestra di sottrarre senatori alla sua precaria maggioranza, con particolare riferimento a quanto gli riferiva l’allora capogruppo del Pd Anna Finocchiaro. Ma di non essere mai stato informato di notizie precise, “non c’erano denunce, con prove”. La difesa di Lavitola ha chiesto a Prodi se ricordasse la circostanza dei finanziamenti da 17 milioni di euro chiesti da Pallaro per iniziative di sostegno agli italo-argentini senza i quali il senatore eletto nella circoscrizione Estero, che stava in maggioranza riservandosi però di analizzare ogni singolo provvedimento, non avrebbe votato la finanziaria e la fiducia al governo. L’ex premier ha detto di non avere una memoria precisa sul punto e di non ricordare di aver incontrato personalmente Pallaro.