Il viceministro dell'Economia è intervenuto in commissione Bilancio al Senato durante l'esame del decreto Competitività, quello che reintroduce nell'ordinamento il contestato "anatocismo". E ha detto che non possono escludersi "oneri per gli enti locali convenzionati con istituti bancari per il servizio di tesoreria". Con conseguenze "di difficile previsione"
Un boomerang. Reintrodurre la possibilità per le banche di calcolare gli interessi sugli interessi a debito dei correntisti in rosso potrebbe tradursi in un danno “difficile da quantificare” per gli enti locali. E di conseguenza per lo Stato. A dirlo non sono le associazioni dei consumatori ma il viceministro Enrico Morando, numero due del titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan. Intervenuto in commissione Bilancio al Senato durante l’esame del decreto Competitività, Morando ha fornito “elementi esplicativi” su due norme contenute nel testo. Tra cui il contestatissimo articolo 31, in cui una “manina” non identificata ha inserito la reintroduzione nell’ordinamento dell’odiato “anatocismo”. Ebbene, secondo il viceministro “non può astrattamente escludersi la sopravvenienza di oneri per gli enti locali convenzionati con istituti bancari per il servizio di tesoreria”. Tradotto: se la norma passa Regioni, Comuni e Province che si appoggiano a una banca dovranno pagare anche loro, in caso di scoperto, gli interessi sugli interessi. Con conseguenze “di difficile previsione”. Anche se, ha concesso Morando, “fronteggiabili intervenendo sulle convenzioni esistenti”.
Non stupisce, dopo una valutazione del genere arrivata nientemeno che da un membro del governo, che la commissione abbia concluso la seduta dando parere “non ostativo” ma con “sette osservazioni”. Tra cui una relativa proprio all’anatocismo: “Non risulta scongiurato”, si legge, “il rischio di effetti finanziari negativi per le Pa, in relazione a contratti da queste stipulati, derivanti dall’articolo 31, che introduce un nuovo meccanismo di decorrenza degli interessi sugli interessi maturati (cosiddetto ‘anatocismo’)”.
Critiche anche sulla norma che rimodula, spalmandoli su 24 anni contro i 20 attuali, gli incentivi al settore fotovoltaico. Secondo i senatori, l’articolo che dovrebbe contribuire a tagliare le bollette energetiche delle piccole e medie imprese comporta “rischi di contenzioso” che “appaiono sottovalutati”. Insomma, lo spalma incentivi potrebbe sfociare in una raffica di cause di risarcimento da parte delle aziende che si vedranno toccare un diritto acquisito. Sulla base del quale hanno scritto i propri piani industriali. Inoltre “non risulta pienamente evidente la portata finanziaria dell’accesso a finanziamenti bancari con la garanzia della Cassa depositi e prestiti o dello Stato per i beneficiari degli incentivi per gli impianti fotovoltaici”.