Samsung Electronics ha comunicato di aver sospeso temporaneamente i rapporti con un fornitore cinese sospettato di impiegare lavoro minorile. Il produttore di smartphone sudcoreano ha rilevato un “processo di assunzione illegale” alla Dongguan Shinyang Electronics, che fornisce cover e altre componenti dei suoi telefonini. China Labor Watch (Clw), una Ong statunitense, ha pubblicato un rapporto denunciando l’utilizzo di lavoro minorile da parte dell’impresa cinese.

Nel rapporto si parlava di “almeno cinque bambini lavoratori”. Samsung ha precisato che in ben tre precedenti ispezioni alla Shinyang di Dongguan, città-simbolo della cintura manifatturiera sul delta del fiume delle Perle, non aveva trovato nessun caso di sfruttamento minorile. L’ultimo di questi controlli si è concluso il 25 giugno. Tuttavia, dichiara di aver fatto partire un’altra indagine immediatamente dopo le accuse di Clw e “trovato prova di assunzione illegale che risale al 29 giugno”. “Anche le autorità cinesi stanno esaminando il caso”, ha detto Samsung nel suo comunicato, aggiungendo che se le accuse si rivelassero vere, i rapporti con il fornitore sarebbero troncati definitivamente e non più in via temporanea.

Come mai Samsung fa ispezioni presso i suoi fornitori e non cava un ragno dal buco, mentre Clw scopre l’impiego di lavoro minorile? Li Qiang, l’attivista cinese che nel 2000 ha fondato Clw a New York, ha affermato tramite comunicato stampa che “il sistema di monitoraggio Samsung è inefficace e ha fallito nell’apportare miglioramenti per i lavoratori”. Il comunicato di Clw rincara la dose dicendo che “il sistema di controllo difettoso e le relazioni sulla responsabilità sociale di Samsung hanno lo scopo di tranquillizzare gli investitori”.

Il “metodo Samsung” di controllo e ispezione prevede, sulla carta, che tutti i fornitori utilizzino scanner, durante il processo di assunzione, “per verificare l’età dei potenziali dipendenti” ed evitare false dichiarazioni d’identità, e che attuino colloqui di lavoro personalizzati. La stessa Samsung dichiara ispezioni “sui 94.236 dipendenti che lavorano per i suoi 138 fornitori in Cina”. La Ong rivendica invece il proprio metodo, che si è basato su indagini sotto copertura sia all’interno sia all’esterno della manifattura di Dongguan.

In fabbrica, un investigatore si è fatto assumere da Shinyang come normale operaio alla catena di montaggio e ha condiviso con gli altri lavoratori la vita quotidiana, svolgendo nel frattempo 30 interviste sul campo. Fuori, sono state effettuate interviste a 15 lavoratori o ex lavoratori di Shinyang. Così – dice Clw – è emerso l’impiego di almeno cinque operai-bambini (sotto i 16 anni di età) senza contratto, “che fanno lo stesso lavoro degli adulti durante i lunghi turni di notte e con la stessa intensità, ma sono pagati un terzo in meno”.

La Ong sospetta che in realtà i minori impiegati siano molti di più. La manifattura si sarebbe inoltre resa colpevole di “quindici diverse irregolarità”. Tra queste, l’assenza di formazione sulla sicurezza e di protezioni, “come guanti o maschere”, la firma di contratti in bianco e turni di lavoro di 11 ore al giorno per 30 giorni al mese. Samsung al momento non commenta, al di là delle misure già annunciate, mentre la fabbrica di Dongguan comunica che intende ora licenziare 600 lavoratori e incolpa l’agenzia interinale Feihong Labor Dispatch per l’assunzione dei lavoratori minorenni messi alla catena di montaggio.

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