A due anni e mezzo dall’inizio del suo mandato da sindaco, il Teatro Regio di Parma rimane per Federico Pizzarotti una delle questioni più spinose da affrontare. Non bastasse la mancanza di fondi, che fa navigare a vista il tempio della lirica cittadina, a cui recentemente sono state negate le risorse per il Festival Verdi, il teatro cittadino si ritroverà tra pochi mesi senza il direttore esecutivo Carlo Fontana, che ha annunciato le sue dimissioni nell’ultimo Cda. L’ex sovrintendente della Scala di Milano era stato chiamato nel 2012 dai Cinque stelle a risanare e a rilanciare il teatro, e rimarrà fino alla fine dell’anno per garantire la programmazione della stagione lirica. La dipartita di Fontana porta nuove incertezze sul futuro del Regio, proprio dopo che il consiglio comunale ha votato il bilancio della Fondazione, per la prima volta dopo anni non in perdita. Dalla minoranza e non solo, si sono levate critiche sulla gestione del teatro e ad accendere gli animi, oltre al passo indietro di Fontana, sono state anche alcune decisioni prese “in mancanza di trasparenza verso la città e il consiglio comunale”, come ha attaccato il consigliere M5S Mauro Nuzzo, che in più occasioni è stato critico verso il primo cittadino e il suo operato, aprendo una spaccatura nella maggioranza.
Nel mirino c’è la nascita del Consorzio Paganini, che unirà fino al 2033 Fondazione Teatro Regio e Fondazione Toscanini nella gestione delle sale e dell’auditorium dell’ex Eridania, un complesso appartenente al Comune restaurato a suo tempo con i contributi della Regione. Una realtà nata in sordina, attacca Nuzzo, emersa nei giorni scorsi dalle polemiche sollevate su Repubblica Bologna dalle presunte dichiarazioni del parlamentare M5S Francesco D’Uva, diventate poi un giallo, dal momento che il deputato ha negato di averle rilasciate. L’accusa a Pizzarotti era di svendere il Regio al Pd, prima affidandolo alle cure di Fontana, ex senatore dei dem, e poi facendo un accordo con la Toscanini e la sua orchestra regionale, anch’esse considerate emanazione del Partito democratico. Per Pizzarotti all’origine delle critiche ci sarebbero dissidi fra correnti interne al Pd, ma la scelta dell’amministrazione si fonda su “un’utilità strumentale: l’accordo con la Toscanini – spiega – Farà risparmiare al Regio 250mila euro all’anno e consentirà di fare sistema intorno alla programmazione degli eventi in città. Inoltre, concedere alla Toscanini la sede all’ex Eridania è un obbligo che la Regione mi ha fatto presente a inizio mandato, visto che il recupero con fondi da Bologna in passato è stato finanziato anche con quell’obiettivo”.
Nuzzo però lamenta la scarsa trasparenza sul progetto: “Io come consigliere eletto in ambito culturale dopo due anni non ho mai sentito nulla di questo, non va bene”. In discussione poi c’è anche il passaggio di alcuni servizi amministrativi e informatici, che prima erano gestiti da una società partecipata del Comune, ad Ater Consorzio, il cui amministratore, Luigi Ferrari, era stato presentato a inizio mandato da Pizzarotti come consulente gratuito. “Ha sempre detto che il maestro Ferrari era a costo zero – ha detto Nicola Dall’Olio, capogruppo Pd – Invece ha giocato sulle parole perché, per la Fondazione, Ferrari ha quindi un costo. Sarebbe stato utile un passaggio in consiglio comunale”. Ma per Pizzarotti non si tratta di un “pagamento mascherato”, perché “noi paghiamo Ater Consorzio per una serie di servizi, Ferrari per noi ha lavorato gratuitamente solo nel periodo iniziale e di passaggio per redigere il nuovo statuto”.
Anche su questo tema però la maggioranza Cinque stelle si divide, con l’attrito sempre più forte tra il sindaco Pizzarotti e il consigliere Nuzzo, che già durante l’approvazione del bilancio comunale aveva lanciato un’invettiva contro il primo cittadino, richiamandolo ai “principi del M5S, in parte tralasciati”. La questione Regio per i Cinque stelle rimane comunque aperta. L’assessore alla Cultura Laura Ferraris e Pizzarotti hanno rinnovato la piena fiducia all’esecutivo di Fontana, che lascerà il suo incarico insieme al direttore artistico Paolo Arcà, che era stato a sua volta ingaggiato da lui. Per l’amministrazione però potrebbe essere anche un’occasione per rivedere la struttura dirigenziale del Regio e i compensi dei suoi amministratori. Arcà e Fontana costavano in tutto 240mila euro lordi, una spesa superiore perfino a quella affrontata per le corrispondenti figure da teatri più importanti di quello parmigiano. “Le condizioni sono cambiate e oggi il Regio non è come ci si auspicava diventasse due anni fa – ha spiegato l’assessore Ferraris – Abbiamo avuto una flessione nei ricavi, quindi andrà rivalutata anche la struttura”.