Già, perché l’ideona della tesi, che forse spiega anche il voto non esaltante, sarebbe proprio questa: svolgendo una più ampia analisi della comunicazione sui social network, calcolare quante volte il cognome Sollecito compaia on line in prossimità delle parole ‘innocente’ e ‘colpevole’, e stabilire che compare più spesso vicino alla parola ‘innocente’. Insomma: la rete lo ha già giudicato e, a maggioranza, lo ha assolto. Dubito che l’ideona gli sia stata suggerita dagli avvocati Coppi e Bongiorno, i famosi legali che lo hanno difeso sinora: un po’ perché è sempre meglio essere giudicati da un giudice inglese in parrucca piuttosto che sulla rete, ma soprattutto perché, se fosse mai questa la strategia difensiva in Cassazione, mi sentirei di pronosticare l’ergastolo.
Da garantista, invece, non posso che fare gli auguri al neolaureato: salvo chiedermi come, dopo essersi laureati con una tesi così, ci si possa poi presentare all’esame di Stato per l’abilitazione a ingegnere, come lui ha preannunciato. Sempre da garantista, però, non posso nemmeno fare a meno di ricordare che l’ex-amico suo e di Amanda, l’ivoriano Rudy Guede, ha patteggiato sedici anni di reclusione, e se li sta facendo in galera. E che che pure Giovanni Scattone, condannato a cinque anni per l’omicidio colposo di Marta Russo, benché probabilmente innocente, il dottorato l’ha preso in carcere e oggi insegna Filosofia nei licei: anche se gli stessi giornali che oggi danno risalto alla laurea di Sollecito talvolta violano il suo diritto a essere dimenticato. Forse non ci crederete, ma non mi risulta che né Rudy né Giovanni siano mai stati difesi dallo studio Coppi & Bongiorno.