Il giorno dei no. Il giorno dei dissidenti del Pd, i senatori che sono finiti di fronte all’indice di Matteo Renzi e per questo emarginati, anzi rimossi dal proprio posto, in commissione Affari costituzionali, perché convinti delle proprie idee “eretiche” (rispetto a quelle del partito). Durante la discussione generale (in attesa di votare i 7830 emendamenti) si alzano in Aula, uno dopo l’altro a distanza di qualche minuto, Vannino Chiti e Corradino Mineo, e ribadiscono che se il testo sulle riforme istituzionali rimarrà questo loro non lo voteranno. L’ex ministro delle Riforme, in particolare, ha concluso tra lunghi applausi dell’Aula dopo aver espresso quello che ha definito il suo dissenso “senza motivo di gioia”. Ha avvertito che si è fissato come un “dogma” che “si è eretici in democrazia se si dice che i cittadini sono sovrani” e che perciò eleggono i propri rappresentanti. “Non esiste una democrazia senza cittadini – ha dichiarato Chiti – Compito nostro dovrebbe essere non chiuderla in piccole stanze di addetti ai lavori. Stiamo imboccando in senso contrario l’autostrada sul senso della democrazia”. Fra i passaggi del suo intervento, il senatore capofila del dissenso interno e autore di un ddl alternativo, si è domandato se per il futuro della nuova Europa sia possibile immaginare come importante il voto in generale del popolo del Vecchio Continente e meno importante quello “dei popoli nazionali”. L’avvertimento di Chiti è che “stiamo imboccando in senso contrario l’autostrada della democrazia”. E rispetto al dissenso nei confronti del Partito democratico aggiunge: “Penso che i partiti siano fondamentali però penso anche che ognuno di noi debba rispondere alle proprie convinzioni e alla propria coscienza almeno sui temi che riguardano la costituzione. Il mio intervento non è facile. Mi trovo ad avere posizioni differenti da quelle del partito di cui faccio parte e non è facile. Non è un motivo di gioia”.
Chiti: “Siamo eretici se diciamo che i cittadini devono scegliere”
La conclusione è stata dedicata a una citazione del sociologo Juergen Habermas: “La legittimità di una Carta costituzionale ha come presupposto la partecipazione politica dei cittadini” e la capacità di risolvere i conflitti non solo a colpi di maggioranza ma nell’ambito di “un processo di argomentazione sensibile alla ricerca della verità”. In questo senso ha auspicato, alla fine dell’intervento segnato da diversi applausi dell’aula, che la discussione e il confronto sulla riforma proseguano su binari costruttivi. “Siamo eretici se si sostiene che i cittadini sono sovrani e si riconosce a loro che con il voto hanno diritto di scegliere“. “L’ombra è quella di un presidente eletto senza i contrappesi forti” di un Senato eletto dai cittadini, “quella di un modello regionale che diventa nazionale. Mi meraviglia che il ministro (Boschi, ndr) lo sostenga in una intervista all’Avvenire. Ci si rende conto di quel che si fa o si scherza con il futuro della nostra Italia e del nostro Paese?”.
Mineo: “Mantengo il dissenso, voterò l’emendamento Chiti”
A queste parole si è aggiunto l’intervento di Corradino Mineo: “Sono passati oltre due mesi dal mio allontanamento dalla commissione, sono cambiate tante cose. Il governo ha smussato gli spigoli, sono passati 11 su 12 punti del famoso odg Calderoli che fu a maggio la pietra dello scandalo – ha scandito in Aula – Io mantengo il mio dissenso e voterò l’emendamento Chiti sull’elezione diretta. Ma la questione che più allarma è la sproporzione tra il numero dei senatori e dei deputati, rende secondario il ruolo del nuovo Senato”.
Bonfrisco (Fi): “Analfabetismo istituzionale”
Ma ci sono anche i critici berlusconiani. Come una delle portabandiere del dissenso interno a Forza Italia insieme ad Augusto Minzolini, Cinzia Bonfrisco: stiamo assistendo, dice, “a un evidente restringimento della sovranità popolare, si fa l’opposto delle cose che bisognerebbe fare” visto che “la democrazia necessita di una riforma di un bicameralismo perfetto che da tempo in tanti riteniamo superato. Ma questo ‘Senatellum’ è frutto di un analfabetismo istituzionale, restringe la democrazia e questo non l’hanno chiesto gli italiani”. La riforma – aggiunge la senatrice – produrrà “una versione moderna dell’aula ‘sorda e grigia’”, lontana, aggiunge, dalle ambizioni del centrodestra. “Agli italiani – conclude – bisogna lasciare la libertà di giudizio e quella di voto”.