Sulle porte delle abitazioni è disegnato un cerchio con al centro una lettera per indicare la loro religione e la scritta "immobile di proprietà dell'Isil". Gli viene chiesto di diventare musulmani o di pagare la tassa di protezione. I ribelli hanno anche ordinato ai funzionari pubblici di sospendere la distribuzione di alimenti a chi non è musulmano; ogni infrazione al divieto "sarà punito in base alla Sharia"
Un segno rosso e la scritta “immobile di proprietà dell’Isil“. A Mosul, nel nord dell’Iraq, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) le porte e i muri delle case dei cristiani iracheni che non hanno voluto o non sono riusciti a fuggire dalla città occupata ormai da più di un mese. “Gli uomini del Califfo hanno fatto il giro dei quartieri di Mosul chiedendo quali fossero le abitazioni dei cristiani”, raccontano ad Aki-Adnkronos International testimoni dalla zona di al-Arabi. “Una volta individuate, con una vernice spray hanno segnato le porte d’ingresso”. Non solo, ma discriminazione nella discriminazione, a Mosul i miliziani sunniti starebbero anche vietando la distribuzione di razioni alimentari alla popolazione cristiana e sciita.
Un gruppo di cristiani, coperti da anonimato per motivi di sicurezza, racconta che il segno disegnato sugli stipiti delle loro porte è un cerchio con al centro una “nun”, ovvero la lettera “n” dell’alfabeto arabo, che sta a indicare “nazarat“, termine arabo per “cristiani”. Su tutte le case, anche la scritta in nero: “Immobile di proprietà dell’Isil”. L’ennesima plateale operazione di discriminazione religiosa, che è stata condotta in pieno giorno. Alcuni abitanti cristiani di Mosul raccontano di aver chiesto spiegazioni agli uomini armati dell’Isil e di essersi offerti di lasciare “pacificamente” le proprie case. “Non vogliamo che andiate via”, avrebbero assicurato i miliziani protagonisti dell’avanzata in Iraq dopo le conquiste in Siria. “Potete rimanere ma dobbiamo mettere tutti in guardia dall’avvicinarsi alle vostre case”. I miliziani dell’Isil “girano spesso armati in macchina per le strade di Mosul, vestiti di nero e con la faccia coperta”, riportano i testimoni ad Aki-Adnkronos.
L’armata del Califfo avrebbero giustificato l’operazione spiegando che a Mosul “ci sono tante case di cristiani rimaste vuote e tante altre che sono state occupate”. Quelle vuote sono tutte requisite. Per quelle ancora abitate, ai loro occupanti viene intimato di diventare musulmani o di pagare la tassa di protezione. Sembra anche che i rappresentanti del Califfato islamico abbiano ordinato ai funzionari pubblici di sospendere ogni aiuto in cibo e gas ai pochi cristiani rimasti in città, agli sciiti e ai curdi. Ogni infrazione al divieto sarà punito in base alla Sharia“. Notizia quest’ultima rilanciata dal sito ankawa.com. “La situazione peggiora giorno dopo giorno. Nei villaggi cristiani che hanno accolto gli sfollati in fuga da Mosul e dall’Isil è in atto una emergenza umanitaria”, racconta monsignor Shlemon Warduni, vicario patriarcale di Baghdad.
“Come Caritas Iraq stiamo cercando di fare il possibile ma siamo a corto di mezzi. Anche i pozzi che abbiamo costruito, in collaborazione con l’Unicef, si stanno rivelando insufficienti. Servono aiuti urgentemente, la stagione è calda e serve acqua e cibo ed ogni aiuto che possa alleviare le sofferenze di tutta la popolazione”. A Mosul circolano anche voci secondo cui gli uomini armati “si fermano con i loro mezzi davanti ai negozi dove si possono ritirare le razioni alimentari con i buoni del governo e ordinano ai gestori di non dare alimenti ai cristiani e agli sciiti”. I ribelli stanno quindi togliendo agli abitanti di fede cristiana il ritiro degli alimenti, assegnati ogni mese alle famiglie irachene in base al numero di componenti sin dall’inizio degli anni Ottanta.