Trovandomi felicemente ad avere spesso le mani “in pasta” nell’argomento e incappando, come molti di voi, in una serie di “guide” (più o meno utili) alla ‘sopravvivenza’ in musica mi è venuta voglia di buttare giù qualche riga e condividere alcune riflessioni: non so quanto profonde, non so quanto effettivamente utili. Così metto le mani avanti e lo dichiaro da subito: questa è, appunto, una guida sì ma all’insuccesso, non aspettatevi nulla. Sia mai invece che anche solo una delle castronerie in essa contenute possa tornarvi buona al momento opportuno.
Che voi siate un gruppo, un artista solista, un organizzatore di eventi o i gestori di un locale la cosa fondamentale è sì riuscire ad avvertire una “vocazione” di fondo, ma al contempo la capacità di saperla gestire: noto come la quasi totalità degli attori in gioco non abbia nessuna idea del ‘mazzo’ che dovrà farsi per tirare a campare e riuscire a “svoltare” definitivamente. Ancora prima mi capita di riscontrare come specie nell’ottica di un cantante, un bassista, un batterista o un chitarrista fare musica sia un ‘dovere’ imprescindibile che tutti gli altri devono avvertire e rispettare a priori: scrivere un brano, un disco, non è un qualcosa che prescrive il medico e riusciremmo se non altro a sentirci più larghi se la “lotta” fosse veramente ristretta a coloro che portano avanti proposte sincere e credibili. Così come anche il giudizio di chi scrive e parla della stessa materia non va preso per oro colato: quando si ha una band (o si è semplicemente autori) è cosa buona e giusta, almeno secondo me, cercare di capire quanto il gusto sia assolutamente relativo ed è partendo da ciò che anche la rabbia e la frustrazione per una recensione negativa può trasformarsi se non altro in una grande prova di maturità: “stacce”, dicono qui a Roma.
Parlando invece di “priorità”, aldilà di tutte le menate che ben saprete sulla scelta del nome credo che un gruppo (o un artista) debba perseguire anzitutto degli obiettivi concreti: ricordo i primi tempi che suonavo e la maggiore preoccupazione (non solo la mia) era quella di proteggere i propri pezzi imbustandoli goffamente pur di non pagare (giusto) il deposito Siae degli stessi. E anzi, meditate (leggere qui per credere) bene se iscrivervi o meno già tirando la somma tra quello che pensate di riuscire a guadagnare rispetto a quelli che sono ‘solo’ i costi di iscrizione, tolti quelli del deposito dei singoli brani: la quota annuale è aumentata negli ultimi mesi del 70%.
Forse specie agli inizi può convenire trattare con i locali direttamente, mettendoli nella condizione più vantaggiosa di non dover pagare altro che il vostro cachet: ammesso che poi questo avvenga. Terzo aspetto cruciale è quello della “presentazione” della vostra proposta: che deve suonare abbastanza personale da far venire il dubbio che ne valga la pena. Internet ha un ruolo determinante nel vostro futuro, gestite con intelligenza la vostra comunicazione ed utilizzate la malizia necessaria: non limitatevi ad invitare le persone ai vostri eventi, investitele del ruolo di ambasciatrici della vostra musica e, sopratutto, non suonate avallando il cortocircuito che troppi gestori di locali patiscono, ovvero quello di riempire il calendario. Inseritevi in quel network di locali che hanno una programmazione coerente e che tra un vostro concerto ed un altro non piazzino l’ennesima tribute di Vasco Rossi o Ligabue.
Il quarto aspetto riguarda invece i tanto famigerati “contest“: croce e delizia per ogni gruppo che si rispetti. Ero dell’idea, neanche troppo tempo fa, che qui l’opportunità andasse colta solo in presenza di quei concorsi gratuiti che dimostravano quindi di voler veramente investire in qualche nuovo talento: mi sbagliavo. Ho preso parte a rassegne che chiedevano alle band una quota di iscrizione e, laddove le spese di segreteria siano motivate (punto per punto) nel range dei 50 – 100 euro a gruppo, si può star tranquilli di non avere a che fare con qualcuno che voglia prendervi in giro ricambiandovi con una marchetta sul palco. Evitate i contest per alzata di mano, quelli con l’applausometro (tutto vero) e – tendenza radicata – quelli che richiedono, per partecipare, di acquistare preventivamente un tot di biglietti per poi chiedervi di rivenderli: tanto vale perdere male. Quinto e ultimo: i social. Il mercato offre una miriade di piattaforme per la pubblicazione, l’ascolto e la vendita della vostra musica: da bandcamp a soundcloud passando per iTunes, Amazon, Spotify: vagliate quale di questi servizi possa fare più al caso vostro, perché il rischio è quello di moltiplicare l’offerta in assenza di una domanda vera e propria.
Come avrete capito non esiste una formula per riuscire ad “emergere” una volta per tutte: quello che potete fare è porvi in continuazione tutte le domande del caso e non trovare le risposte alle stesse è già una buona scusa per insistere.