Sono tracce solo apparentemente labili quelle che Giovanni Battista Ceniti – il ragazzo 29enne membro del commando che ha ucciso il cassiere di Gennaro Mokbel Silvio Fanella il 3 luglio a Roma – ha lasciato alle sue spalle. Poco o nulla si conosce pubblicamente della sua attività politica nell’area dell’estrema destra: una militanza in Casa Pound di Verbania, terminata alla fine del 2012. Poi il buio. “Un anno e mezzo fa si è come immerso, ha cancellato il suo profilo Facebook”, raccontano alcune fonti molto vicine a lui. E aggiungono: “A noi raccontava che andava a gestire il fine settimana una pizzeria ad Arco, in provincia di Trento. Ci sembrava curioso farsi centinaia di chilometri per lavorare in un posto così lontano”. Ed è proprio da Arco, piccola cittadina a tre chilometri da Riva del Garda, che appaiono le tracce più consistenti lasciate da Ceniti. Una sorta di doppia vita sconosciuta per i suoi amici di Verbania. Tracce che portano all’area “rossobruna” dei cosiddetti “comunitaristi”, tra neofascisti ed ex mercenari, con fili legati all’esperienza di Avanguardia nazionale.

La seconda vita di Ceniti e le missioni in Kosovo – Occorre partire dalla pizzeria Avalon, locale in stile medioevale aperto un anno fa sulla strada provinciale che collega Arco con Riva del Garda. Era questo il riferimento che il giovane rimasto ferito forniva a chi gli chiedeva cosa facesse nelle sue trasferte in Trentino. “Io Giovanni Ceniti non l’ho mai visto”, assicura Giovanni Battista Deledda, un imprenditore sardo arrivato sul Garda una trentina di anni fa, titolare della Degio srl, società proprietaria del locale. “Non è assolutamente vero che quel ragazzo fosse mio socio, come hanno scritto i giornali”, spiega. E ha ragione: in camera di commercio e negli uffici comunali nulla lega Ceniti al locale. Ma il racconto va oltre: “Dopo l’uscita di questa notizia – spiega Deledda – ho ricevuto la visita di persone strane; con loro c’era anche uno straniero”. Ora ha paura, ha chiesto anche aiuto alle forze dell’ordine. Dunque una bugia quella raccontata da Ceniti agli amici. Per coprire cosa? I viaggi del giovane di Verbania sul Garda sono, però, un dato certo, che trova diverse conferme. Almeno quattro persone lo riconoscono nelle foto: “Sì, ricordo bene questo ragazzo, girava da queste parti”, raccontano alcuni camerieri di locali pubblici di Arco. Ancora più diretto e preciso è il ricordo del personale del pub di Riva del Garda “Moby Dick”, considerato uno dei ritrovo dell’area di estrema destra: “Ma questo è Giovanni! Andavamo ad arrampicare insieme, certo che me lo ricordo”, racconta un cameriere. “L’ultima volta che è stato qui? Sicuramente lo scorso aprile”, spiega. Poi si chiude in una serie di “non so”. Il Moby Dick è uno dei due locali gestiti da Walter Pilo, imprenditore con un passato nel Fronte della gioventù e in Forza nuova. “Non rinnego nulla, ma non ho mai avuto rapporti con Ceniti”, spiega al telefono a ilfattoquotidiano.it. Da diversi anni dirige un’associazione culturale attivissima nel panorama della destra di Riva del Garda, “L’uomo libero”. Si occupano prevalentemente di missioni all’estero. Il Kosovo e la Birmania sono le due mete preferite e, più recentemente, la Crimea degli “italiani perseguitati da Stalin”. Ed è proprio in questo contesto che appaiono le tracce della vita politica recente di Ceniti. In stretta compagnia con il leader nazionale di Casa Pound, Gianluca Iannone, che – dopo l’agguato della Camilluccia – si era prodigato nel definire il ruolo del giovane di Verbania come marginale nell’organizzazione: “Non era un dirigente, solo responsabile di una zona in provincia di Verbano- Cusio-Ossola”. Un qualche peso, però, lo aveva.

 

Sono del dicembre del 2010 le foto pubblicate sulla rete che ritraggono Ceniti insieme al leader di Casapound Gianluca Iannone in Kosovo, durante una missione organizzata proprio dall’associazione “L’uomo libero” di Riva del Garda. Un viaggio finanziato anche con contributi pubblici, che la Regione autonoma del Trentino Alto Adige eroga fin dalla fine degli anni ’90 all’associazione di Walter Pilo. Un fiume di soldi, confermati anno dopo anno. A cosa servisse quel viaggio non è del tutto chiaro: Iannone, nel suo diario, racconta pochi dettagli sul progetto umanitario: “L’installazione di due generatori elettrici all’interno di due enclavi serbe”. Ma anche incontri politici e la programmazione di futuri viaggi. Tra i guerriglieri in Birmania l’associazione L’uomo libero ha poi contatti stretti con un’altra Onlus strettamente legata a Casa Pound, la Popoli di Verona. Guidata da Franco Nerozzi, coinvolto nel 2002 in una storia di mercenari nelle Comore, da anni assiste i guerriglieri Karen della Birmania (foto sotto). Tante, tantissime missioni, alcune delle quali organizzate in collaborazione con il gruppo trentino di Walter Pilo, frequentato da Ceniti fino ad un paio di mesi fa. Ufficialmente l’organizzazione Popoli si occupa di assistenza umanitaria, curando i guerriglieri Karen. Nei loro viaggi si fanno scortare da gruppi armati nella foresta al confine con la Tailandia, come mostrano le foto di un’altra missione del leader di Casa Pound Gianluca Iannone, questa volta nella giungla del sudest asiatico.

Le associazioni dell’area “rossobruna” stanno molto attente ad evitare un’immediata identificazione con le frange dell’estrema destra. Ma a Riva del Garda i loro militanti alla fine sono gli stessi che gravitano attorno a Casa Pound. Una serie di sigle che compongono un network nero. Dietro la vetrina immacolata di Riva del Garda si nasconde una presenza neofascista ormai consolidata. Qui ha esordito in politica Cristano De Eccher, l’ex senatore di Forza Italia noto per proposto l’abrogazione delle norme costituzionali che vietano la ricostituzione del partito fascista. Un principe trentino nerissimo, con un passato in Avanguardia nazionale, che entrò nell’inchiesta su Piazza Fontana per i suoi stretti rapporti con Franco Freda. E in Trentino – ad una quarantina di chilometri da Riva del Garda – si era rifugiato anche un volto noto del panorama fascista milanese, Alessandro Todisco, detto Todo. Un nome che riporta, ancora una volta, a Giovanni Ceniti. La compagna del ragazzo ferito nell’agguato della Camilluccia – la milanese Nicoletta Cainero – è l’ex moglie di Todisco. Attivissima nel mondo dell’estremismo nero di Milano, ha gestito per anni “Il rifugio di Rohan”, ritrovo neofascista vicino a Viale Certosa. L’ex marito Todisco – tra i capi degli “Irriducibili” dell’Inter – da qualche anno gestisce un pub a Pelugo – borgo con 350 anime – punto di ritrovo per le frange più estreme del tifo organizzato. Nessun contatto – almeno apparente – con l’area di Riva del Garda; un pezzo, sicuramente, di quella galassia nera che ha la sua roccaforte a cavallo tra Trentino, Veneto e Lombardia. Tra onlus rispettabili, missioni all’estero e saluti romani.

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