Mentre i sindacati, i vertici di Alitalia e il governo cercano l’accordo finale sul contratto aziendale e il taglio del costo del lavoro in vista della firma con Etihad, i deputati Cinque Stelle vanno all’attacco sul ruolo di Poste Italiane. “Non è un bancomat utile a ripianare con soldi pubblici la gestione disastrosa di Alitalia da parte dei famigerati capitani coraggiosi”, hanno dichiarato oggi in commissione Trasporti a Montecitorio. Come è noto lo scorso anno Poste ha acquisito quasi il 20% della compagnia, e ora le banche creditrici chiedono all’ad Francesco Caio di firmare un impegno (in gergo “equity committment”) a coprire eventuali oneri legati a contenziosi o perdite superiori al previsto che si dovessero registrare quest’anno. In modo che gli arabi possano stare tranquilli sul fatto che, in caso di necessità, sarà qualcun altro a ripianare i buchi della “vecchia” Alitalia. La prospettiva non piace Caio ma nemmeno ai parlamentari grillini, secondo i quali “gli italiani hanno già pagato a sufficienza per i disastri compiuti, per cui questa opzione non può essere percorsa”.
“Se questa prospettiva che noi paventiamo dovesse realizzarsi”, accusano i pentastellati, “il debito che i capitani coraggiosi hanno fatto lievitare negli ultimi 5 anni finirebbe con l’essere caricato, in parte, sul bilancio delle Poste, società per azioni al 100% pubblica, che nessuna responsabilità ha su questo debito e sui contenziosi maturati. Questa sarebbe una fotografia sbiadita di quanto già accaduto nel 2008 e ciò non è tollerabile”. Il riferimento è alla cordata di imprenditori italiani che all’epoca, su impulso dell’allora premier Silvio Berlusconi, ha dato vita a Cai (Compagnia aerea italiana) lasciando sul groppone dei contribuenti la “bad company” e il suo buco da oltre 4 miliardi.
Per di più, rilevano i Cinque stelle, “Poste non è stata messa nelle condizione di poter decidere”, perché “in un comunicato ufficiale del cda del primo luglio scorso si conferma la mancata comunicazione da parte di Alitalia di tutti gli elementi necessari per una compiuta valutazione dell’impatto che un accordo con Etihad potrà avere sulla struttura del capitale e del debito dell’azienda”. “Se, rispetto ad allora, la situazione non è cambiata e Poste non ha ricevuto tutti gli elementi necessari per poter prendere una decisione coerente con gli obiettivi di investimento promossi, ogni ulteriore azione non è immaginabile”. L’alternativa, però, è “il rischio poi di ritrovarsi con il cerino in mano”. E “alla fine a scottarsi sarebbero gli italiani, che dovranno accollarsi altri debiti privati”.
Infine i deputati del MoVimento tornano sul ruolo di Poste nel precedente “salvataggio” e sul rischio che Bruxelles, che già ha chiesto chiarimenti su quella vicenda, giudichi illecito il pesante intervento del governo Renzi. “Quella tra Alitalia ed Etihad dovrebbe, e usiamo il condizionale, essere una trattativa tra privati. Già l’ingresso di Poste in Alitalia è stata fin dal principio un’operazione a dir poco acrobatica, se poi si vuole utilizzare l’azienda statale per ripianare debiti, il rischio di andare a sbattere contro il muro della Ue e delle procedure di infrazione diventa ancora più alto”.