Ieri su la Repubblica ho letto con interesse le considerazioni pacate e sensate sui problemi di Rai 3, sul calo di ascolti nelle prime serate, sulla ricerca di una nuova identità, sulla  concorrenza di la 7, fatte dal direttore Andrea Vianello, un direttore serio e competente, arrivato ai vertici della rete per meriti dimostrati sul campo. La sera, ho provato a seguire il nuovo programma di informazione, quel Millennium condotto da tre giovani giornaliste che dovrebbe rappresentare la palestra in grado di preparare la sostituzione del Ballarò di Floris. Non ne ho tratto motivi di rassicurazione per lo stato di salute di una rete, il cui destino sta a cuore a tutti coloro che ritengono importante la presenza di un servizio pubblico televisivo.

Si tratta del solito, ennesimo talk politico, con qualche spunto di inchiesta, ma con un ruolo preponderante affidato alla chiacchiera, al dibattito, al confronto verbale tra giornalisti e politici. Poi, come già mi è capitato di dire a proposito di un altro talk, La gabbia, si può giocare sulla disposizione dei partecipanti, mettere i politici seduti al centro e i giornalisti in piedi ai lati o, al contrario, i politici in piedi, ma – come si diceva a scuola – cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. Insomma – come diceva invece mia nonna – se non è zuppa è pan bagnato, ed è una zuppa che ci è stata ammannita ormai fino alla nausea. Mi permetto di dire che non è su questa strada che la rete può ritrovare una sua identità e un ruolo importante nella costruzione della cittadinanza.

Contemporaneamente su Retequattro, un canale che solitamente non brilla per la qualità della sua proposta, andava in onda una fiction di straordinario interesse, Call the Midwife, un prodotto Bbc, tipicamente Bbc, un esempio di cosa potrebbe e dovrebbe fare un servizio pubblico orgoglioso della sua identità, un lavoro popolare e raffinato allo stesso tempo (le due cose non sono affatto inconciliabili a differenza di quanto hanno cercato e finito di farci credere i creatori nostrani di televisione degli ultimi decenni). Forse sarebbe bene che a Rai3 si guardasse un po’ di più verso questo tipo di produzione e di programmazione, verso altri generi che contribuiscono a costruire l’identità di una rete e del suo pubblico non meno dei programmi di informazione.

E pazienza se su quella che minaccia di essere una nuova concorrente, La 7, va in onda addirittura il dibattito sul dibattito, un talk che mostra e commenta in diretta il confronto interno ai gruppi parlamentari del Pd, una cosa pignolissima, ai limiti della monomania, che può eccitare solo i soliti presenzialisti del talk show come Bechis o Damilano. La vera concorrenza è quella che si fa differenziando i contenuti rispetto ai competitor,  non contrapponendogli gli stessi generi. E poi, come diceva il Manzoni a proposito dei libri, anche di talk politici “ne basta uno per volta quando non è d’avanzo”.

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