Invisibile, indisturbata, impercettibile: è così che Cosa Nostra si è infiltrata negli affari legati alla distribuzione del gas su larga scala. E dalla Sicilia ha risalito la penisola, come la linea della Palma, giungendo fino a Roma e anche più su. È questo che emerge dall’inchiesta della procura di Palermo, che nei giorni scorsi ha ottenuto sei mesi di amministrazione giudiziaria per la Italgas di Torino. La società “sigillata” dall’ordinanza firmata dal giudice Silvana Saguto è un vero e proprio colosso del settore. Controllata dalla Snam, spin off dell’Eni di cui la Cassa depositi e prestiti ha il 30%, conta 1.500 concessioni, una rete di distribuzione di 53mila chilometri e 6 milioni di utenze a cui fornisce gas per quasi 7,5 miliardi di metri cubi. “La società che ha portato il metano nelle case degli italiani contribuendo allo sviluppo economico e sociale del Paese”, si legge sul sito web dell’Italgas. Solo che in certi casi lo sviluppo economico del Paese ha incrociato gli affari di Cosa Nostra. L’inchiesta del procuratore aggiunto Dino Petralia e del sostituto Dario Scaletta affonda infatti le sue origini nel passato: in principio nel mirino dei pm c’era infatti la Gas spa di Ezio Brancato. In realtà la società, formalmente guidata dall’insospettabile imprenditore, era riconducibile a Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo. Nei primi anni duemila a controllare la Gas, tramite gli avvocati Gianni Lapis e Giorgio Ghiron, è il figlio di don Vito, Massimo Ciancimino, che la cede per quasi sessanta milioni agli spagnoli di Endesa.
Passa meno di un anno e Ciancimino Junior finisce nel mirino della procura palermitana: da quel momento gli inquirenti iniziano a indagare sulla distribuzione del gas nel sud Italia. E scoprono che tra gli anni ’80 e gli anni ’90 la Gas spa avrebbe ottenuto 72 concessioni tra la Sicilia e l’Abruzzo grazie alla protezione di Cosa Nostra. È per questo che a maggio in amministrazione giudiziaria finiscono tre società del gruppo, la Gas Natural Vendita Italia, la Gas Natural Italia e la Gas Natural Distribuzione Italia: la Guardia di Finanza di Palermo mette sotto sequestro anche beni per cinquanta milioni di euro.
Ma non è finita. C’è un fil rouge, infatti, che lega gli appalti per la metanizzazione del meridione con i grandi colossi legati al Cane a sei zampe. Quel punto di contatto passa da una piccola cittadina in provincia di Palermo famosa per aver dato i natali all’ex ministro Saverio Romano: è da Belmonte Mezzagno, infatti, che vengono i fratelli Gaetano e Vincenzo Cavallotti. Assolti dall’accusa di concorso esterno a Cosa Nostra, i Cavallotti sono stati comunque destinatari di misure di prevenzione patrimoniali, che hanno portato al sequestro di beni per quasi otto milioni di euro, e sono stati sottoposti alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per due anni. Due società guidate dai Cavallotti, l’Imet e la Comest, erano già state citate in alcuni pizzini redatti direttamente da Bernardo Provenzano.
A inguaiare l’Italgas, però, non è un pizzino autografato dal boss di Corleone: è invece un’altra società, Euroimpianti, che per la procura sarebbe riconducibile ancora oggi ai fratelli di Belmonte Mezzagno (Palermo). La Euroimpianti ha ottenuto dall’Italgas l’affidamento di alcuni appalti tra la Sicilia e la Liguria, mentre in altri casi ha curato la manutenzione di altre reti di distribuzione sempre controllate dall’azienda del Cane a sei zampe. Ecco perché oggi la Snam rende noto che l’amministrazione giudiziaria è scattata a causa di “rapporti contrattuali con alcuni fornitori”. Ma, secondo la procura, “la struttura dirigenziale di Italgas era sicuramente a conoscenza dei citati provvedimenti ablativi e di prevenzione personale e aveva sicuramente cognizione del fatto che la Euroimpianti pur se formalmente intestata ai giovanissimi figli di Cavallotti Vincenzo e Cavallotti Gaetano, era di fatto gestita dai predetti imprenditori”. A Torino, in pratica, sapevano di fare affari con imprenditori già indicati come vicini a Cosa Nostra. Ma facevano finta di niente. E Cosa Nostra prendeva piede nella grande industria italiana: un potere inodore come lo stesso gas che gestiva.
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