Cielo e terra, emissioni e rifiuti tossici, inquinamento e malattie. La Procura di Brindisi mette gli occhi sul petrolchimico del gruppo Eni e sui veleni sepolti da decenni ai suoi piedi nella mega discarica di Micorosa. L’apertura di un’inchiesta era inevitabile, dopo gli esposti piovuti nelle ultime settimane. Il primo è stato presentato il 16 giugno scorso da sei cittadini che hanno contratto un tumore al sangue o sono parenti di persone decedute per questo, tutti residenti in aree prossime agli stabilimenti. Hanno nominato come consulente Maurizio Portaluri, il primario di Radiologia dell’ospedale Perrino, e sostengono che la loro patologia sia “con alto grado di probabilità conseguenza diretta dell’esposizione cronica” ad arsenico, rame, mercurio, cadmio, vanadio, zinco, nichel, idrocarburi, benzene e polveri sottili, tutte sostanze rilevate nelle aree adiacenti agli impianti e nel sito di Micorosa.
E’ contro quest’ultimo, poi, che ha puntato il dito il duplice esposto depositato alla fine del mese scorso dal comitato No al carbone e dal Forum nazionale dei movimenti per l’acqua, lo stesso, quest’ultimo, che ha scoperchiato il pentolone dell’inquinamento nei siti ex Montedison di Bussi sul Tirino, in Abruzzo. Non è dato sapere se le indagini su emissioni e rifiuti interrati viaggeranno in parallelo o, com’è più probabile, andranno a intrecciarsi, confluendo in un unico fascicolo. La Procura sta muovendo i primissimi passi e i contorni della questione, almeno sul piano giudiziario, sono ancora sfuocati. Per due motivi. Innanzitutto il contesto brindisino, al contrario di quello di Vado Ligure o di Porto Tolle, è un groviglio di fonti di inquinamento molteplici e differenziate. Ritrovare il bandolo della matassa, cioè un nesso di causalità, si può fare solo a costo di certosine, minuziose, impeccabili indagini epidemiologiche, da affiancare agli studi già esistenti.
La seconda difficoltà è insita nel principio per cui la responsabilità penale è personale: per individuare i nomi da iscrivere nel registro degli indagati si dovrebbero rintracciare quelli di chi ha causato il presunto inquinamento, a partire dai vertici delle aziende che, negli anni, si sono succedute alla guida del petrolchimico. Un’alternativa per evitare l’impasse, tuttavia, c’è. Ed è messa sul tavolo dal d.lgs. 121 del 2011, che ha esteso ai reati ambientali la possibilità di riconoscere la responsabilità penale-amministrativa di società o enti quando gli illeciti, però, siano stati commessi “a vantaggio” o “nell’interesse dell’organizzazione”. Sebbene su un piano differente, una stoccata in tal senso l’ha data, il 6 febbraio scorso, il Tar di Lecce. Oggetto del contendere, in quel caso, era l’onere delle bonifiche di Micorosa.
Nel ricostruire i passaggi societari, dalla Montecatini fino alle attuali Syndial e Versalis, entrambe partecipate da Eni, i giudici amministrativi hanno scritto che “è corretto affermare che sussiste la responsabilità delle imprese, nell’ambito delle quali risultano confluite per fusione e/o incorporazione le diverse società che sono state proprietarie dell’area, che debbono ritenersi corresponsabili dello stato di inquinamento. Non è infatti ammissibile che il soggetto che lo ha causato, qualora trattasi di un’impresa industriale che abbia utilizzato il bene, possa sollevarsi da responsabilità cedendo l’azienda (poi risultando insolvibile) e, nel contempo, dalla stessa responsabilità sia sollevato anche il cessionario”. Eni si è salvata, ma non Versalis, Syndial, la curatela fallimentare di Micorosa ed Edison, la sola ad aver proposto appello al Consiglio di Stato.
A parte questo, però, la situazione da allora si è sbloccata solo in parte. Dopo il decreto di urgenza di avvio delle opere, firmato dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, venerdì si terrà l’adunanza plenaria del Consiglio superiore dei lavori pubblici per il rilascio del parere obbligatorio sul progetto integrato relativo alla messa in sicurezza permanente di Micorosa. I soldi sul tavolo, tuttavia, continuano ad essere solo quelli pubblici: 48 milioni di euro, ai quali Syndial avrebbe dovuto aggiungerne altri 20, al momento una chimera. L’unica possibilità, a oggi, è che dopo il cantiere il ministero si rivalga sulle società.
Ambiente & Veleni
Eni, la Procura di Brindisi apre inchiesta sul petrolchimico e la discarica di Micorosa
Dopo gli esposti di alcuni cittadini che vivono vicino allo stabilimento e si sono ammalati di tumore e di due comitati ambientalisti i pm avviano un'indagine. Ma individuare i contorni del caso non è semplice, sia per la difficoltà di provare il nesso diretto tra inquinamento e patologie sia perché il sito è passato di mano più volte prima di arrivare all'attuale proprietà, che fa capo a Syndial e Versalis. Intanto il ministero dell'Ambiente procede con l'iter per la messa in sicurezza della discarica, che sarà pagata con soldi pubblici
Cielo e terra, emissioni e rifiuti tossici, inquinamento e malattie. La Procura di Brindisi mette gli occhi sul petrolchimico del gruppo Eni e sui veleni sepolti da decenni ai suoi piedi nella mega discarica di Micorosa. L’apertura di un’inchiesta era inevitabile, dopo gli esposti piovuti nelle ultime settimane. Il primo è stato presentato il 16 giugno scorso da sei cittadini che hanno contratto un tumore al sangue o sono parenti di persone decedute per questo, tutti residenti in aree prossime agli stabilimenti. Hanno nominato come consulente Maurizio Portaluri, il primario di Radiologia dell’ospedale Perrino, e sostengono che la loro patologia sia “con alto grado di probabilità conseguenza diretta dell’esposizione cronica” ad arsenico, rame, mercurio, cadmio, vanadio, zinco, nichel, idrocarburi, benzene e polveri sottili, tutte sostanze rilevate nelle aree adiacenti agli impianti e nel sito di Micorosa.
E’ contro quest’ultimo, poi, che ha puntato il dito il duplice esposto depositato alla fine del mese scorso dal comitato No al carbone e dal Forum nazionale dei movimenti per l’acqua, lo stesso, quest’ultimo, che ha scoperchiato il pentolone dell’inquinamento nei siti ex Montedison di Bussi sul Tirino, in Abruzzo. Non è dato sapere se le indagini su emissioni e rifiuti interrati viaggeranno in parallelo o, com’è più probabile, andranno a intrecciarsi, confluendo in un unico fascicolo. La Procura sta muovendo i primissimi passi e i contorni della questione, almeno sul piano giudiziario, sono ancora sfuocati. Per due motivi. Innanzitutto il contesto brindisino, al contrario di quello di Vado Ligure o di Porto Tolle, è un groviglio di fonti di inquinamento molteplici e differenziate. Ritrovare il bandolo della matassa, cioè un nesso di causalità, si può fare solo a costo di certosine, minuziose, impeccabili indagini epidemiologiche, da affiancare agli studi già esistenti.
La seconda difficoltà è insita nel principio per cui la responsabilità penale è personale: per individuare i nomi da iscrivere nel registro degli indagati si dovrebbero rintracciare quelli di chi ha causato il presunto inquinamento, a partire dai vertici delle aziende che, negli anni, si sono succedute alla guida del petrolchimico. Un’alternativa per evitare l’impasse, tuttavia, c’è. Ed è messa sul tavolo dal d.lgs. 121 del 2011, che ha esteso ai reati ambientali la possibilità di riconoscere la responsabilità penale-amministrativa di società o enti quando gli illeciti, però, siano stati commessi “a vantaggio” o “nell’interesse dell’organizzazione”. Sebbene su un piano differente, una stoccata in tal senso l’ha data, il 6 febbraio scorso, il Tar di Lecce. Oggetto del contendere, in quel caso, era l’onere delle bonifiche di Micorosa.
Nel ricostruire i passaggi societari, dalla Montecatini fino alle attuali Syndial e Versalis, entrambe partecipate da Eni, i giudici amministrativi hanno scritto che “è corretto affermare che sussiste la responsabilità delle imprese, nell’ambito delle quali risultano confluite per fusione e/o incorporazione le diverse società che sono state proprietarie dell’area, che debbono ritenersi corresponsabili dello stato di inquinamento. Non è infatti ammissibile che il soggetto che lo ha causato, qualora trattasi di un’impresa industriale che abbia utilizzato il bene, possa sollevarsi da responsabilità cedendo l’azienda (poi risultando insolvibile) e, nel contempo, dalla stessa responsabilità sia sollevato anche il cessionario”. Eni si è salvata, ma non Versalis, Syndial, la curatela fallimentare di Micorosa ed Edison, la sola ad aver proposto appello al Consiglio di Stato.
A parte questo, però, la situazione da allora si è sbloccata solo in parte. Dopo il decreto di urgenza di avvio delle opere, firmato dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, venerdì si terrà l’adunanza plenaria del Consiglio superiore dei lavori pubblici per il rilascio del parere obbligatorio sul progetto integrato relativo alla messa in sicurezza permanente di Micorosa. I soldi sul tavolo, tuttavia, continuano ad essere solo quelli pubblici: 48 milioni di euro, ai quali Syndial avrebbe dovuto aggiungerne altri 20, al momento una chimera. L’unica possibilità, a oggi, è che dopo il cantiere il ministero si rivalga sulle società.
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Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".
Beirut, 23 feb. (Adnkronos) - La rete libanese affiliata a Hezbollah Al-Mayadeen ha riferito che Israele ha effettuato un attacco aereo nell'area di Al-Hermel, nella regione della Bekaa, nel Libano orientale.