L'impianto di Orcenico va verso la chiusura dopo che tutte le manifestazioni di interesse sono sfumate. Ma 18 lavoratori hanno creato una società cooperativa, Ceramiche Ideal Scala, che dovrebbe portare avanti la produzione di ceramiche e accessori per il bagno. Il 22 luglio incontro al ministero per Lavoro per scongiurare i licenziamenti annunciati dal fondo Bain capital, che controlla l'azienda
Dopo un’odissea lunga un anno si intravede uno spiraglio per i 400 operai dello stabilimento Ideal Standard di Orcenico, in provincia di Pordenone. Una speranza nel segno dell’autogestione. L’azienda, che produce materiali e accessori per il bagno e conta 1.450 dipendenti in tutta Italia, ha infatti confermato la chiusura dell’impianto friulano. E i lavoratori hanno risposto costituendo una cooperativa per proseguire l’attività. La nuova società, la Ceramiche Ideal Scala, è stata fondata da 18 dipendenti, ma il cerchio potrà allargarsi fin da subito al resto del personale. “E’ un gesto che intende ribadire come i lavoratori ci credano – commenta Franco Rizzo, segretario regionale di Femca Cisl – Inoltre, la costituzione di un nuovo soggetto mira a sottolineare come lo stabilimento abbia le potenzialità per produrre pezzi di qualità grazie a notevoli competenze e professionalità degli addetti”. La strada resta però ancora in salita. Cruciale per la riuscita dell’operazione sarà l’incontro del 22 luglio al ministero del Lavoro, dove si cercherà un accordo per scongiurare i licenziamenti e per porre le basi del passaggio di consegne.
Il subentro della cooperativa di lavoratori sarebbe l’epilogo di una travagliata vicenda cominciata un anno fa, il 17 luglio 2013, quando l’azienda di proprietà del fondo statunitense Bain Capital ha comunicato l’intenzione di chiudere lo stabilimento friulano a partire dal 2014. “Orcenico ha costi fissi molto alti – spiegava Ideal Standard in una nota – e il costo di produzione per singolo pezzo prodotto rimarrebbe superiore al prezzo di vendita”. La società puntava ad “aumentare la sua competitività riducendo l’impatto dei costi fissi sui costi di produzione e concentrando la produzione e i nuovi investimenti pari a 1,9 milioni euro in due dei tre stabilimenti italiani”. L’azienda prevedeva così di spostare le attività di Orcenico nello stabilimento di Trichiana, in provincia di Belluno. Il nodo rimaneva la sorte dei lavoratori. E il 30 ottobre si è concretizzato lo scenario più temuto: Ideal Standard ha annunciato la mobilità per tutti i dipendenti di Orcenico a partire dall’1 gennaio. Ma sindacati e ministero dello Sviluppo hanno poi convinto la società a tornare sui suoi passi: per 954 addetti di tutti gli stabilimenti del gruppo è scattata la cassa integrazione in deroga a rotazione dall’1 febbraio al 30 aprile. Una mossa per guadagnare tempo e trovare un acquirente interessato a rilevare l’impianto friulano. A farsi avanti è stata una cordata internazionale di aziende attive nel settore, una tedesca, una brasiliana e una russa. Ma a marzo il gruppo di società ha ritirato la manifestazione di interesse.
Un mese dopo, però, si è proposta anche Bpi Italia, società del gruppo Obiettivo Lavoro che si occupa di ristrutturazioni aziendali ed era pronta a individuare una soluzione nel mondo delle cooperative. Nonostante la manifestazione di interesse, il 5 maggio Ideal Standard ha aperto nuovamente le procedure di mobilità per i 400 dipendenti di Orcenico. Una nuova tegola per gli operai friulani, cui si è cercato di mettere una pezza con un accordo siglato al Mise il 22 maggio. “I pilastri dell’intesa erano tre”, spiega Maurizio Bertona della Filctem Cgil. “Il ritiro della procedura di mobilità, la disponibilità del governo ad attivare la cassa integrazione e il passaggio delle attività a una nuova gestione, che l’azienda si è impegnata a supportare nella fase di avvio”. Da quella data è scattato un conto alla rovescia: al termine della procedura, fissato per il 22 luglio, possono partire in qualsiasi momento le lettere di licenziamento. “L’azienda non ha rispettato gli impegni – prosegue Bertona – Non ha ritirato la procedura di mobilità e non ha favorito il subentro di una nuova cooperativa. In questo modo, vengono meno le condizioni per la firma della cassa integrazione”.
Il 22 luglio ci sarà l’ultima chiamata. Al ministero del Lavoro azienda, sindacati e Bpi Italia cercheranno un accordo in extremis per scongiurare i licenziamenti, garantire la cig in deroga e porre le basi per continuare le attività sotto una nuova gestione. “Un impegno da parte dell’azienda è essenziale per il rilancio dello stabilimento”, spiega Giuseppe Pascale, segretario di Filctem Cgil Pordenone. “In caso di mancato accordo, impugneremo i licenziamenti e occuperemo l’impianto”.