Al cronista di giudiziaria Michele Albanese è stata assegnata la scorta e l'auto blindata per i suoi articoli sulle cosche della Piana di Gioia Tauro: dai Bellocco ai Pesce, dai Piromalli ai Crea. E' stato lui il primo a dare notizia dell'inchino della Madonna della Grazie di Oppido Mamertina davanti all'abitazione del boss Giuseppe Mazzagatti
Due affiliati della cosca Crea di Rizziconi (Reggio Calabria) parlano del giornalista Michele Albanese. La squadra mobile di Reggio Calabria e la Dda hanno intercettato la conversazione nell’ambito dell’inchiesta “Deus” che, nelle scorse settimane, ha stroncato la famiglia mafiosa guidata dal boss Teodoro Crea, il cui figlio è ancora latitante e fortemente indiziato dalla Procura per alcuni episodi di sangue avvenuti negli anni scorsi a Rizziconi. Il cronista del “Quotidiano del Sud” è in pericolo di vita: la ‘ndrangheta potrebbe progettare un attentato nei suoi confronti e il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica di Reggio Calabria gli ha assegnato la scorta.
Da ieri sera (giovedì 17 luglio), quindi, Michele Albanese è costretto a vivere sotto protezione. In ogni suo spostamento deve essere accompagnato dalle forze dell’ordine e con un’auto blindata. La notizia è stata pubblicata dallo stesso “Quotidiano del Sud”. Albanese è l’ultimo di una lunga serie di giornalisti minacciati in Calabria. Da anni si occupa della cronaca giudiziaria della Piana di Gioia Tauro e già in passato aveva ricevuto messaggi dalle cosche. In molti anni al Quotidiano della Calabria, il giornalista si è occupato di tutte le famiglie mafiose della zona tirrenica: dai Bellocco ai Pesce, dai Piromalli ai Crea appunto. Albanese, inoltre, è il giornalista che ha pubblicato per primo la notizia sull’inchino della Madonna della Grazie di Oppido Mamertina davanti all’abitazione del boss Giuseppe Mazzagatti.
“La notizia della scorta resasi necessaria per Michele Albanese – scrive il condirettore del Quotidiano del Sud Rocco Valenti – a scanso di equivoci, è una delle più brutte che ci potesse capitare di ricevere. Nella società della spettacolarizzazione ad ogni costo, qualche imbecille potrebbe pensare che tutto questo sia motivo di vanto per un giornale, se non addirittura un’occasione per farsi pubblicità. Nulla di tutto questo: sapere che un nostro collega sia costretto a vivere sotto scorta ci fa profondamente tristezza, e per tanti motivi. Intanto perché non siamo in un telefilm, e nella vita reale la circostanza che un giornalista che fa semplicemente il suo lavoro, raccontando il suo territorio, e anche le malefatte che in esso albergano, corra sol per questo pericoli seri è sconcertante. Il Quotidiano ha raccontato, racconta e continuerà a raccontare il bello e il brutto di questa regione. Le sue luci e le sue ombre”.
A esprimere solidarietà a Michele Albanese anche il sindacato Fnsi: “Chi nella malavita – affermano il segretario Franco Siddi e il suo vice Carlo Parisi – indica come nemico il giornalista, offende l’intera comunità perché mette a rischio una persona che lavora con dignità e rigore morale e professionale. Ci auguriamo che gli inquirenti individuino presto da dove e da chi provengono le minacce. È grave che in una società civile ci siano questi fatti che colpiscono persone che con il loro lavoro semplice, da api operaie, sono simbolo di un impegno per il riscatto morale della comunità di cui fanno parte”.
Gli fa eco il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria Giuseppe Soluri secondo cui “vivere sotto scorta non è certo un privilegio. È, invece, un fatto che sconvolge i normali ritmi di vita, crea allarme e tensione, impedisce di lavorare con serenità, determina preoccupazione ed ansia tra i familiari. Siamo sicuri che Michele Albanese, giornalista serio, scrupoloso, bravo e coraggioso, avrà comunque la forza e la capacità di vivere questa fase come un ulteriore sprone per amplificare, se possibile, il suo impegno nella ricerca della verità e nella denuncia di fatti che offendono la coscienza civile e sociale di tutti i calabresi onesti”.