La prima razionale, in cui ci si scontrava sul merito: rivoluzione liberale, cosa pubblica come un’impresa, “un milione di posti di lavoro” da un lato; conflitto d’interessi, leggi ad personam, “odore dei soldi” di dubbia provenienza dall’altro.
La seconda fase è stata più irrazionale, pura tifoseria: se insistevi con critiche circostanziate, ti si rispondeva con visceralità da stadio: “Uff, la solita lagna”, “siete ossessionati”, “meno male che Silvio c’è”.
Con Renzi, complice il vostro concerto, sembra di essere già nella fase due (beninteso, senza inchieste e interessi personali): puro innamoramento. Le “farfalle nella pancia”, la mano che ti sfiora e non capisci più niente. Ma proprio niente. Il razionale si ferma alla facciata: è giovane, è nuovo, vuole cambiare le cose. Punto. Un paese innamorato, ipnotizzato, e in attesa: “Se sono rose fioriranno, facciamolo provare”.
Renzi lo sa: chi ha davanti pende dalle sue labbra. Così dona “baci perugina” (slogan, battute, annunci) e liquida come “gufo” (invece di rispondere nel merito) chi si permette di fare qualche pulce, di riportare il dibattito su un piano razionale. Berlusconi a volte ha trovato la strada in salita perché, nonostante il consenso degli elettori, aveva contro una parte significativa del blocco media/classe dirigente. Renzi no. Gode dell’innamoramento di entrambi, e il “lavoro” dei secondi (voi musicanti) alimenta l’invaghimento dei primi. Come fa la signora Maria a capire se il divino Renzi ha la pancetta, se viene sempre photoshoppato? Nel dubbio, il poster in camera resta.
Così innamorata, l’Italia è diventata il paese del “Perché no?”. Il “Yes, we can” obamiamo (importato, non a caso, dal renziano Veltroni) si è trasformato nel “Sì, con me tutto è possibile”. Madia e Boschi ministre? Perché no? Senato di nominati con immunità? Chi vince prende tutto senza contrappesi? Perché no? Tutto è possibile: non solo fare cose che faceva Berlusconi (norma ad personam per la condanna in primo grado per danno erariale da presidente della Provincia; o frasi silviesche come “L’Italia è molto più forte di come si racconta in sede internazionale”), ma anche quello che non è riuscito a fare (stravolgere il Parlamento, o togliere l’articolo 18 ai neoassunti).
Senza contare l’averlo scelto come interlocutore da condannato, incandidabile e pure decaduto. Sì, tutto questo, e altro, ora è possibile. Senza scandalo. Tanto poi voi musicanti intervistate Renzi e scrivete “Si è svegliato alle 5 del mattino per leggere il suo livre de chevet”, “premier multitasking”, “Lui c’è”(mano nera Dio?), e via a incensare; mentre pochi altri – come questo giornale – sono gufi. Più che in Telemaco, gli italiani dovrebbero immedesimarsi in Ulisse e farsi legare, per resistere alle vostre sirene.
Cari musicanti, ok la fiducia in un governo, ma così non è troppo? Non è questione di essere gufi, ma solo – come scrive Galli della Loggia – bisogno di verità. Per capire se l’innamoramento può lasciare il posto all’amore. O se è solo un’infatuazione.
Un cordiale saluto.
Il Fatto Quotidiano, 17 luglio 2014