Berlusconi assolto, la ferocia del partito unico e il nostro dovere di opporci
Deluderò molti, ma del processo Ruby me n’è sempre fregato pochissimo. Certo, conteneva elementi di “non opportunità” e “ricattabilità” evidenti, ma è la vicenda giudiziaria politicamente meno rilevante tra le 13mila o giù di lì che riguardano Berlusconi.
E’ un plot perfetto per le articolesse moraleggianti dei soliti tromboni di quasi-sinistra: roba noiosissima, e io detesto annoiarmi. Ognuno ha la sessualità che vuole, le donne coinvolte erano consenzienti e – se mi consentite la battuta – trovo molto più “perverso” sognare di passare tutta la vita con Pascale e Dudù che godersi la vita finché ce n’è. Non mi scandalizza (figurarsi) che Berlusconi ami donne e promiscuità, il blaterare stantio sul femminismo sinistrorso mi sfrangia gli zebedei e ho in merito un parere gioiosamente libertino che collima con quello di Fulvio Abbate e (conclusioni politiche a parte) Vittorio Sgarbi. Casomai trovo scandaloso, nonché deprimente, che il Parlamento italiano abbia votato sul serio Ruby nipote di Mubarak: questo sì che mi fa schifo. E trovo parimenti scandaloso che le frequentazioni sessuali siano forse state usate (come sosteneva Veronica Lario) come selezione della “nuova” classe politica, ma sono solo rumours che peraltro non riguardano unicamente il centrodestra (ooops). La mia valutazione del Berlusconi politico è profondamente negativa per quello che ha fatto e non fatto; per i rapporti con l’eroe Mangano e per la condanna definitiva per frode fiscale; per la presunta compravendita dei senatori e per il lodo Mondadori; per le prescrizioni e gli indulti. Eccetera.
Non è l’assoluzione il punto: è il contorno attorno all’assoluzione – le reazioni e le esultanze – che trovo emblematico dello sfacelo italiano. L’assoluzione in appello viene ora narrata come una sorta di lavacro del berlusconismo. Quasi a dire: “Visto? E’ innocente e dunque le riforme vanno avanti”. Come se l’assoluzione di ieri cancellasse le condanne, i processi in corso e quelli mozzati da infinite leggi
ad personam. Come se di colpo Berlusconi fosse divenuto San Francesco. In Italia è tutto capovolto e a testimoniare questo smisurato rincoglionimento generale – e spesso interessato – non è solo
Forza Italia ma anche e per certi versi soprattutto il
Partito Democratico. Lasciate stare le Boschi, gli Speranza e le Bonafè, infierire sarebbe troppo facile.
Prendete Debora “Fred” Serracchiani, quella che alle Europee del 2009 fu tratteggiata dagli house organ piddini come il futuro della sinistra e la Obama italiana (wow). Quella che era renziana, poi civatiana, poi renziana. E poi niente. Quella che, ultimamente, ricorda un po’ il personaggio di Laura Betti in Tutta colpa del paradiso, senza però la bravura definitiva di Laura Betti. Lo stesso livore, la stessa cattiveria, la stessa ferocia. Ieri, con un’eccitazione politica mal dissimulata, munita di consueta frangetta da balcone di casa popolare e ballerine allegramente vedovili, ha sentenziato: “Berlusconi è sempre il benvenuto, ci dà più garanzie del Movimento 5 Stelle“.
Il Pd sta provando in ogni modo a dimostrare che Grillo e Casaleggio hanno sconfessato Di Maio e rovesciato il tavolo, quello dell’altro giorno, quello in cui Renzi si è fatto notare per un bullismo direttamente proporzionale all’adipe. Peccato che i 5 Stelle, che certo si sono mossi tardi (grave errore che rimane e rimarrà) ma comunque si sono mossi, adesso siano lì e pongano risoluzioni concrete: no alle pluricandidature, no all’immunità, sì al doppio turno (che pure detestano), sì alle preferenze. Il Pd sa che ora non ha più l’alibi del “non potevamo fare altro che andare da Silvio” e allora, pur di proteggere il filotto di riforme “democraticamente autoritarie”, inventa una rottura immaginaria con i 5 Stelle. Celebrando al tempo stesso San Berlusconi, tornato di colpo forte e potente, che – furbo com’è – non vede l’ora di ingoiare in un colpo solo gli alfaniani e di mettere al più presto in difficoltà il suo figlioccio Matteo.
E’ uno di quei momenti in cui, all’orizzonte, non si scorgono vie di fuga. Uno di quei momenti che l’Italia conosce bene. Comunque ti muovi, qualcuno ti ammazza la speranza. Comunque ti giri, vedi pressoché ovunque un livello minimo di morale e coscienza. Verrebbe quasi voglia di mollare tutto. Di lasciargli campo aperto. Di rinunciare al sano indignarsi, al resistere, al libero pensare. Verrebbe quasi voglia. Appunto: quasi. Col cavolo che gli lasciamo, e lasceremo, la strada spianata.