Ogni settimana su ilfattoquotidiano.it una colonna sonora scelta da band e cantautori dell'indipendente: è la volta di Lucio Corsi, ventenne toscano che ai talent show musicali preferisce i live e nel suo EP Vetulonia/Dakar canta dei ritmi semplici della Maremma
Vent’anni, personalità esuberante, look da dandy: Lucio Corsi è tra i più giovani cantautori della scena indipendente italiana e già con il suo primo EP (Vetulonia/Dakar) si è fatto notare da stampa e pubblico, anche grazie e due esibizioni importanti, una sul palco del Mi Ami Festival, a Milano e l’altra in apertura al concerto di Brunori Sas, a Firenze. Quanto all’emozione di suonare davanti a così tanta gente, però, Lucio ironizza: “Al Mi Ami c’erano venti persone, ho suonato alle cinque del pomeriggio e più che altro faceva caldo. Certo, è stata la mia prima esperienza al festival organizzato da Rockit ed è stato bello, così come aprire a Brunori all’Anfiteatro delle Cascine: un luogo incredibile, favoloso. Tra l’altro non tornavo in Toscana da un mese, ne avevo bisogno”.
I brani scelti da Lucio Corsi:
Piero Ciampi – Conphiteor
Paolo Conte – Una giornata al mare
Nick Drake – One of these things first
Enzo Jannacci – Messico e Nuvole
Flavio Giurato – Orbetello
Diaframma – Caldo
Lucio Dalla – Amici
Faust’o – Oh Oh Oh
Vasco Rossi – Voglio andare al mare
Rino Gaetano – A Kathmandù
Come hai scelto i brani della playlist per i lettori de Ilfattoquotidiano.it?
Per motivi differenti. Alcuni mi ricordano giornate estive nelle quali si sta fuori, all’aperto. Altre sono canzoni che ho ascoltato molto in questo luglio passato in città: parlano di mare e dato che qui a Milano non c’è, in qualche modo bisogna inventarselo.
Vent’anni, un percorso che parte dai live e da un EP d’esordio registrato in fretta: una strada diversa dai tuoi coetanei che scelgono i talent show. Hai mai pensato di partecipare a uno di questi programmi?
No, non mi è mai passato per la mente. Ritengo sia un mondo a parte, con una concezione della musica totalmente differente dalla mia. Questi programmi appiattiscono la personalità: tutto è studiato per promuovere un mercato “fatto di plastica”, con ben poca sostanza. E poi non riesco bene a cantare pezzi scritti da altri, eccetto quelli che ritengo davvero belli.
Nei tuoi testi dai molto spazio a temi come la campagna, gli animali e la tua terra d’origine: credi che i tuoi coetanei, spesso più attratti dall’ambizione della grande città che dai ritmi semplici della vita agreste, possano ritrovarsi nella tua scrittura?
Non so se si ritrovino o meno nei miei testi, ma non mi interessa più di tanto. Dopo essere andati a vivere in una grande città, molti ragazzi toscani che conosco tornano malvolentieri nel paesino d’origine e tendono a criticare ogni suo aspetto, ogni sua “mancanza”. Io, dopo aver preso casa a Milano, ho imparato ad apprezzare ancora di più la Maremma e ci torno felice perchè respiro meglio, a “farmi ombra” non sono i palazzi ma gli alberi, c’è il mare e ci sono i miei cani.
Che rapporto hai con il rap italiano?
Ultimamente ascolto molto rap, ma d’oltreoceano, come Tyler the Creator o i Death Grips. Il rap italiano l’ho ascoltato tanto negli anni passati, anche se già suonavo canzoni che con questo genere avevano poco in comune. Apprezzavo soprattutto i primi rapper degli anni 90 come Inoki, Joe cassano, le Sacre Scuole e i Sangue Misto e, ancora oggi, li ritengo molto importanti: hanno un modo diverso di comunicare concetti rispetto al cantautorato classico, un modo più diretto, immediato e proprio per questo più attuale e moderno. Tante cose che al giorno d’oggi ci propongono come rap in realtà non hanno niente a che fare con questo genere musicale: sono caricature, finzione. Se si cerca un po’ però qualcosa di buono c’è: stimo Dj Gruff, gran testi.
Chi sono i tuoi musicisti di riferimento?
I miei tre musicisti stranieri preferiti sono David Bowie, Iggy Pop e Lou Reed. Sono un appassionato del glam rock anni 70: i T. Rex, Brian Eno ai tempi di Here Come The Warm Jets. La mia prima ispirazione musicale però sono stati i Genesis, i primi Genesis, quelli con Peter Gabriel. Di italiano ascolto soprattutto il cantautorato: Lucio Dalla, Flavio Giurato, Piero Ciampi, Ivan Graziani, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Faust’o e Renato Rascel. Inoltre credo sia molto importante quel che ha scritto e scrive Giovanni Lindo Ferretti, sia con i CCCP, che con i CSI e con i PGR. Per quel che riguarda la musica italiana contemporanea, invece, apprezzo i Baustelle.