Oggi che ci si riempie la bocca di parole come raccolta differenziata, materie prime secondarie, Rrr (Riduci, Riutilizza, Ricicla), etc., la produzione di rifiuti è enorme e, tra l’altro, enorme continua ad essere la mole degli indifferenziati. C’è da scommettere che la sola raccolta degli indifferenziati sia di molte volte maggiore dei rifiuti totali che si producevano un tempo sul nostro italico suolo.
Dove voglio arrivare? Voglio arrivare a questo. È vero che la coscienza ambientale degli italiani deve ancora migliorare notevolmente sulla strada della differenziazione dei rifiuti, ma il difetto sta principalmente a monte: quanti beni vengono oggi immessi sul mercato che nascono già come rifiuti? Pensiamo alle bottiglie dell’acqua minerale pressoché tutte rigorosamente in pet; pensiamo ai contenitori del latte: non era forse più ecologico e salutare andare a restituire il contenitore in vetro? (ne ho conservato uno per ricordo). Pensiamo alle uova, che la gente compra quasi sempre in contenitori di plastica, spesso avvolti in uno di cartone. E via discorrendo.
E perché tutto questo? È persino banale dirlo, perché questo fa business. Per far girare un’economia distorta, che produce imballaggi ed altro. Perché dietro ci sono industrie chimiche, della carta, dell’alluminio, che devono produrre. E che ad esempio fanno sì che vengano emanate norme sanitarie – spesso a livello europeo – fatte apposta per aumentare la produzione dei rifiuti e che obbligano il consumatore ad acquistare prodotti che appunto sono già rifiuti.
Poi è vero, per la carità, che la sensibilità dell’utente finale è scarsa: io non produco neppure un chilo di indifferenziata al mese, mentre in Piemonte ogni giorno una famiglia tipo produce 2,4 kg di indifferenziata (roba da far rabbrividire). Ma è altresì indubitabile che se non ci fosse il business e chi governa non lo avesse favorito, tutta questa mole di rifiuti non vi sarebbe. E adesso per favore non ditemi che io vorrei tornare all’età della pietra.