Due Leoni d’oro alla carriera alla 71 esima Mostra di Venezia: la super montatrice Thelma Schoonmaker e il miglior documentarista Frederick Wiseman. Due scelte non scontate, di chi il cinema lo ama e vuole celebrare quale arte artigianale: il direttore Alberto Barbera e la sua squadra di selezionatori. La signora Schoonmaker, già moglie del nume Michael Powell, taglia e cuce per Martin Scorsese dal 1967 (Chi sta bussando alla mia porta?) fino al recente The Wolf of Wall Street, mentre Wiseman è l’epitome stessa del cinema del reale, come ribadito dal magnifico National Gallery all’ultimo festival di Cannes. Sono entrambi americani, e non parrebbe solo una coincidenza: la sfida di Venezia a Cannes guarda Oltreoceano. Si vuole bissare l’exploit di Gravity, che lo scorso anno aprì al Lido e poi vinse l’Oscar, convincendo gli Studios della bontà strategica della Mostra: se non ci saranno Tim Burton con Big Eyes, David Fincher – ma lui avrebbe voluto – con l’atteso Gone Girl che aprirà il festival di New York, né Paul Thomas Anderson che non ha completato Inherent Vice da Thomas Pynchon e Woody Allen – a leggere le prime recensioni una buona novella … – con Magic in the Moonlight, Birdman di Alejandro González Iñárritu inaugurerà in Concorso il 27 agosto, con la speranza di un lungo e premiato cammino negli States.
In competizione, sempre stars & stripes, anche David Gordon Green, già in Laguna nel 2013 con Joe e Nicolas Cage, stavolta con Manglehorn e l’ex galeotto Al Pacino, ma la singolar tenzone con Cannes non finisce qui: Venezia 71 parlerà francese. Almeno due i titoli d’Oltralpe per il Leone, entrambi con Chiara Mastroianni: La rançon de la gloire di Xavier Beauvois (Uomini di Dio), con Peter Coyote e Nadine Labaki, e Trois Coeurs di Benoît Jacquot, con Catherine Deneuve (mamma di Chiara) e Charlotte Gainsbourg. I cugini potrebbero addirittura impattare o superarci, perché gli italiani in Concorso sono tre, d’abitudine: il film americano di Saverio Costanzo, Hungry Hearts, dal romanzo di Marco Franzoso; Anime nere di Francesco Munzi, dal libro di Gioacchino Criaco; Il giovane favoloso di Mario Martone, con Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi. Film, quest’ultimo, che il festival francese aveva visto, ma la vendetta della Laguna ha un altro fiore all’occhiello: The Cut del tedesco di origini turche Fatih Akin, starring Tahar Rahim (Il profeta), per cui il direttore di Cannes Thierry Fremaux ancora rosica.
Se l’esordio alla regia dell’attore Michele Alhaique Senza nessuna pietà, prodotto e interpretato da Pierfrancesco Favino, troverà spazio ad Orizzonti (qualche possibilità anche per La buca di Daniele Ciprì), il Concorso del Lido strappa un altro pezzo alla Croisette: lo svedese Roy Andersson, con un titolo che ha già vinto, A Pigeon Sat On a Branch Reflecting Existence. E, dopo il Leone a Sacro Gra, i documentari? Certo quello del premio Oscar Alex Gibney sul leggendario James Brown.
Il Fatto Quotidiano, 19 luglio 2014