Il 14 luglio è uscito in Gazzetta ufficiale il decreto sulla morosità incolpevole, che prevede un sostegno per gli affittuari che non riescono a pagare a causa di difficoltà economiche. Nel 2013 sono stati oltre 65mila: con le risorse a disposizione ognuno potrebbe ricevere non più di 45 euro. Unione inquilini: "No a polemiche, usarli subito". Fassino (Anci): "Definire al più presto le modalità e la tempistica di erogazione"
Undici mesi dopo il primo decreto legge in materia, il governo si è deciso a varare il Fondo per la morosità incolpevole. Dal 14 luglio, con l’uscita sulla Gazzetta ufficiale di un decreto legge ad hoc, il ritardo nel pagamento di affitti, canoni e bollette può ufficialmente essere solo causa della crisi. Una vittoria soprattutto per i sindacati degli inquilini. La piaga degli sfratti per morosità incolpevole ha coinvolto, nel 2013, 65.300 italiani. E i casi in cui si è fatto uso della forza pubblica, secondo dati del Viminale pubblicati il 17 giugno, sono stati 31.399, il 7,7% in più rispetto ad un anno fa. Ma restano ombre, in particolare sull’ammontare del fondo: 20 milioni di euro per il 2014, altrettanti nel 2015. Basterà? A maggio il governo ha approvato il Decreto Lupi (dl 47 del 28 marzo 2014) con cui l’esecutivo stanzia 15 milioni per i morosi incolpevoli, a cui i “nuovi” 20 si sommano. Se si divide il totale di 35 milioni per le 65mila famiglie sulla cui testa pende uno sfratto esecutivo, il risultato del contributo è di 45 euro al mese per ciascuno. Esclusi, appunto, tutti i morosi incolpevoli pre 2013. Poco per rimettere i conti in ordine con i vecchi proprietari di casa e anche per pagare una nuova abitazione, per quanto più economica: la coperta è corta.
“Che i soldi siano pochi è chiaro – spiega Massimo Pasquini, segretario romano di Unione Inquilini – ma non dobbiamo fare polemiche, piuttosto utilizzarli subito, per dimostrare che questo strumento è utile”. Anche il presidente dell’Anci Piero Fassino, al di là dell’apprezzamento per i contenuti del testo, chiede in una lettera al ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi di ”definire al più presto le modalità e la tempistica di erogazione dei fondi e adottare le misure e i provvedimenti che consentano di fronteggiare l’emergenza abitativa”. “Non possiamo aspettare fino al 2016. Serve che i Comuni lavorino subito alle liste per individuare le situazioni più disagiate”, gli fa eco Pasquini.
Il decreto appena pubblicato dispone che le risorse siano ripartite in proporzione al numero di provvedimenti di sfratto per morosità emessi, per il 30% tra le regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania e per il restante 70% tra tutte le altre. Il contributo girato a ogni singola famiglia può essere al massimo di 8mila euro l’anno. E sono i Comuni a dover decidere quali famiglie devono ricevere per prime il sussidio, considerando come requisito di base per fare domanda un reddito familiare Isee sotto i 26 mila euro l’anno.
L’emergenza casa colpisce tutta Italia, indistintamente. Non tanto le grandi città (anche se il record assoluto lo detiene Roma, dove le richieste sono aumentate del 50% in un anno), ma soprattutto i piccoli centri. Da quest’anno entrano nelle zone calde della classifica anche Abruzzo (dove le richieste sono cresciute del 30%) e Trentino (35%). Numeri che hanno fatto inserire nel decreto l’obbligo per i Comuni di stipulare una convenzione con le prefetture per graduare l’uso della forza pubblica negli sfratti. I Comuni dovranno poi occuparsi di trovare insieme alle famiglie delle soluzioni abitative per evitare che restino per strada. Seppur contrario al blocco degli sfratti, anche Alberto Zanni, segretario del sindacato di piccoli proprietari immobiliari Confabitare, è soddisfatto del testo: “Tutto ciò che evita conflitti tra inquilino e proprietario per noi va bene”, spiega. A Bologna, peraltro, già da due anni c’è un tavolo a cui siedono anche i sindacati per graduare l’intervento della forza pubblica.
Certo, gli interventi del Governo però nulla possono sull’insaziabile fame di un tetto a basso costo che hanno gli italiani: sono 650 mila quelli ancora in graduatoria per l’assegnazione di una casa popolare.