Sarà nei cinema soltanto dal 28 al 30 luglio la trasposizione ripresa in alta definizione della più famosa tragedia shakespeariana. Una moderna versione diretta a teatro da David Leveaux che ha per protagonista il divo cool Orlando Bloom, nella registrazione al Richard Rogers Theatre di New York del 27 novembre 2013
Il testo di questo Romeo e Giulietta è una discreta riduzione comunque fedele all’originale. L’ambientazione è secca, essenziale. Un grande muro a blocchi è lo sfondo che presta allo sguardo graffiti su cemento o scolorite Madonne cinquecentesche alternandoli nei cambi scena attraversati da elementi di fuoco, dove il balcone in pietra diventa ponte a carrello in legno. Sabbia e catene completano l’allestimento postindustriale in una sospensione estetica spaziosa e convincente. I drappelli in lotta per le strade di Verona nella regia di David Leveaux prendono forma di gang travolte da un odio che diventa razziale, danzante in azzeccate coreografie al serramanico.
Ma il tratto più distintivo sta nella caratterizzazione razziale. I Montecchi praticamente wasp e i Capuleti afroamericani. Del resto non siamo allo Shakespeare Globe Theatre, ma a Broadway. La Giulietta nera è Condola Rashad, figlia della più famosa Philicya Rashad (la Clear della sit-com cult, I Robinson). Giusta nella sua figura sognante e adolescenziale, anche se un po’ lieve. In jeans e t-shirt arriva invece sulla sua Triumph Scrambler il Romeo/star di Orlando Bloom. Già buona personalità per le parti da avventuriero nelle saghe su Signore degli Anelli e Pirati dei Caraibi, parte bene con una caratterizzazione giovanile molto più fresca dell’età reale, ma sotto pelle si ostina a fare il Marlon Brando d’annata, galleggiando invece in un Fonzie postindustriale. Alterna troppo spesso momenti di luce a una voce grossa e un po’ posticcia. E tra le pieghe della propria starità tutta arco e spada qui ridotti a coltello a scatto, spesso si lascia preferire altri personaggi.
Molto più rock il character di Mercuzio offerto da Christian Camargo (oscuro fratello killer del protagonista nella serie tv Dexter). Avvolto in un giubbotto di pelle tigrato oscilla tra toni sfacciati e lussuriosi, scivolando in una convincente prestazione da iguana che ricorda Iggy Pop. Forse un po’ limitata giusto dai tempi frettolosi della pugnalata mortale.
Con un’ironia registica che rilascia risate dal pubblico newyorkese in diversi momenti di dialogo, è la morte l’elemento che non spicca il volo in questo show, possedendo invece il più estremo e sublime fascino dell’opera. Basti pensare anche a quella apparente di Giulietta, che assume piena valenza drammatica non tanto nelle interpretazioni degli attori genitori o della dormiente, ma in quelle stupefacenti di Frate Lorenzo e della Nutrice.
Brent Carver è un raffinato e rigoroso teatrante inglese. Nella parte anche del Coro per il prologo, deus ex machina e quasi protagonista ombra, le migliori vibrazioni a rasare il pubblico del film nel trepidante silenzio che bagna ogni riuscita tragedia sono del suo frate. Jayne Houdyshell porta la bicicletta con cestino del pane della Balia di Giulietta. Pulita, sincera e accogliente si rivela ricca di palpitazioni in una performance felice e dall’ampia e gamma di colori emozionali, tutti perfettamente a segno.
Leavaux è un regista da 5 candidature ai Tony Award. Il suo lavoro sul testo è molto concentrato sulle parti più vitali, acquistando molta ironia e leggerezza che attualizzano senza stravolgere, servendosi anche di percussioni etniche al violoncello per le arie. La regia teatrale è un po’mortificata, però, da quella cinetelevisiva di Don Roy King. Piuttosto classica nei movimenti e nell’organizzazione dei tagli, ma a volte avvicina troppo le macchine da presa in angolazioni pericolose sugli attori: quasi a svelare piccoli trucchi di scena come quello di una lama che scompare in pancia.
Vero sogno da shakespeariani probabilmente sarebbe stato quello di vedere la tragedia rappresentata intorno al testo originale per riportarne anche la piena coralità alimentata da inarrestabile energia attoriale. E proveniente dal dramma: emozionale, narrativa, che ha perforato, conquistandoli, secoli, culture, continenti, media, pubblici e palpiti dalla sua prima lettura. Ma non è tutto d’oro il cast che luccica. Il film resta da esplorare comunque per i patiti del Bardo, nel bene o nel male che sia. E ovviamente dai fan di Bloom.