La commemorazione del magistrato palermitano è ogni anno motivo di polemica, in un paese che di questo vive e si alimenta posizionando bene nella sua società soggetti che di questo campano. Vi sono due circostanze che creano perplessità nel cittadino medio quest’anno, e che proviamo a condividere coi gentili lettori senza voler indulgere per questo alla stessa vis polemica di cui sopra, ma limitandoci ad un giuridico commento.
In primis, le improvvide dichiarazioni di un autorevole servitore dello Stato, che nell’occasione – forse preso dalla carica emotiva della deformazione professionale – accusa di omertà e complicità, come dal 1992 si continua a fare sempre con la solita e abusata tiritera, qualche esponente della politica o delle istituzioni. E stavolta coinvolgendo lo stesso organo costituzionale di autogoverno della sua categoria professionale, la magistratura, con farneticanti accuse al suo Capo, che guardacaso è anche Capo del nostro Stato. Ci risulta che le indagini su quei fatti le stiano continuando, bene peraltro, dei bravissimi magistrati e poliziotti, che non riesco e non voglio (forse ingenuamente) vedere come asserviti o asservibili ad altri che non siano gli interessi di vittime civili e della nazione. Bene ha fatto la Presidente dell’antimafia a ricordare che le procure non andrebbero intralciate nemmeno dalla più autorevole delle commissioni di inchiesta parlamentare. E altrettanto bene ha fatto il vicepresidente del CSM a definire “false e inopportune” le dichiarazioni emerse dal comizio politico (come chiamarlo altrimenti? ) del dottor Di Matteo.
Ma ciò che suscita invece qualche serio timore è il credito e l’accoglienza dedicate a Massimo Ciancimino. Stando alla ricostruzione di questo stesso giornale, egli avrebbe detto che era lì a “metterci la faccia”, pentito per quello che ha fatto, ossia – è bene ricordarlo – partecipare agli atti criminosi del periodo e anche dopo. Vantandosi poi, e chi lo dimentica, di aver recitato così bene la parte del pentito da essere pure protetto e dotato dei privilegi che la legge gli aveva assegnato (e che andrebbero concessi cum grano salis, per inciso). Egli fa anche beneficenza. All’associazione delle “Agende Rosse” (?), che ovviamente subito ringrazia e, udite udite, contesta la Bindi, ma non è dato sapere per quale motivo. Stato contestato, Antistato celebrato. Forse è il caso di richiamare alla decenza e alla correttezza chiunque si azzardi ad occupare posti riservati ad eroi senza averne il medesimo titolo.