L'ex centrocampista del Milan sarà lo sfidante del favorito Carlo Tavecchio per la guida della Federcalcio. "Rimettere al centro il calcio giocato e i giovani”, questa la sua ricetta. La sua candidatura è supportata da una buona fetta di Seria A, capeggiata dal presidente della Juventus Andrea Agnelli
“Voglio essere regista di un cambio”. Demetrio Albertini rompe gli indugi e si candida alla presidenza della Federcalcio. Ecco quindi lo sfidante di Carlo Tavecchio nella corsa alla poltrona più importante del movimento italiano che, dice l’ex centrocampista del Milan, ha bisogno “di rimettere al centro il calcio giocato e i giovani”. È quello che cercavano le componenti tecniche (Assocalciatori e Assoallenatori) e una fetta della Serie A, con in testa il presidente della Juventus Andrea Agnelli. Si chiedeva un nome di rottura, con un pedigree tecnico ma con un bagaglio di esperienza federale. L’identikit combacia con il profilo di Albertini, che non ci sta a sentirsi bollare semplicemente come ex giocatore vantando anche otto anni in Figc: “Alcuni presidenti mi hanno detto che non mi voteranno per questo motivo”. Resistenze che non precludono nuovi scenari in vista dell’assemblea federale dell’11 agosto. Tavecchio è accreditato di circa il 60 per cento dei voti ma la candidatura del vicepresidente dimissionario è forte, credibile e salda consensi trasversali.
Punti chiave/1: “Al centro i giovani, trovando un nostro modello”
Tant’è che spiega Albertini “sono qui perché me l’hanno chiesto in tanti. Non sono un politico, sento la responsabilità verso chi mi ha proposto di metterci la faccia. Voglio essere un opportunità, da cogliere o meno. Lo farò con semplicità ma con determinazione”. Da dove pensa di smuovere il calcio italiano, che “deve scegliere se essere un campionato di passaggio o tornare il più bello del mondo come negli anni ‘90”? L’Albertini-pensiero è raccolto in tre spunti: dialogo che coinvolga tutti i soggetti, questione sportiva al centro e – soprattutto – i giovani come fulcro del progetto. “È un discorso ampio, non si può ridurre tutto all’utilizzo delle squadre B. La serie A deve attingere, quasi obbligatoriamente, dai vivai – spiega lo sfidante di Tavecchio – Dobbiamo guardare all’estero”. Ma non si tratta di copiare, secondo Albertini, “perché siamo un paese diverso dalla Germania. Abbiamo un’altra cultura ma l’obiettivo di fondo dev’essere quello”. E lo spiega con due dati: “In Bundesliga hanno il 34 per cento di stranieri, in serie A siamo oltre il 50. Da noi si raggiungono le cento partite da professionisti a 27 anni, in altri paesi la media è 24”.
Punti chiave/2: Fede e costanza
Nessuna fretta, però. Secondo il nuovo candidato per raggiungere gli obiettivi c’è bisogno di dialogo e sinergia tra tutte i campionati, che definisce “una risorsa” anche se pensa di sfoltire le leghe (“Siamo gli unici ad averne tre professionistiche e una dilettanti”) ridando centralità alla Figc “che non può ridursi solo a potere e spartizione di poltrone”. Ripartire dal basso, quindi. Cita il reclutamento nelle scuole, la valorizzazione dei Dilettanti che “toccano tutti i comuni e le caratteristiche del nostro Paese”. Un processo lungo: “Ci è mancata la pazienza per programmare. Come si fa? Ho chiamato le mie figli Fede e Costanza. Ecco cosa ci vuole”. E poi “bisogna avvicinare il calcio alla gente, gli allenamenti a porte aperte non devono essere una notizia e le squadre devono scendere sul territorio”. Nei pensieri di Albertini c’è anche un abbozzo di cambio culturale nell’approccio alle sconfitte: “Dopo il mondiale si è criticata la prestazione della squadra. Giusto, ma vorrei sapere di cosa si sarebbe discusso dopo un derby Milan-Inter, con un’espulsione e un morso in campo. Mi piacerebbe si parlasse di chi ha lavorato meglio, di chi ha programmato”.
Tavecchio, i numeri in assemblea
Questi gli ingredienti della rincorsa a Tavecchio. Gli exit poll parlano di un 60 per cento di preferenze per il presidente della Lega Dilettanti (da sola vale il 34% dei voti). Su di lui punta una buona fetta della Lega Pro (ma Albertini ha smussato l’importanza delle ‘squadre B’ non viste di buon occhio dal numero uno Macalli) e il ticket Galliani-Lotito, che ha un peso specifico alto tra i presidenti della serie A. Il destino di Albertini, certo dell’appoggio delle componenti tecniche e sul quale potrebbero convergere anche i voti della Serie B, dipenderà probabilmente dalla posizione della massima serie. Lo scorso giovedì l’assemblea della Lega Calcio ha dato mandato a Lotito e Agnelli di scrivere il programma da sottoporre ai candidati, alla ricerca di un compromesso tra le due anime. Ma la scelta dell’ex calciatore rischia di spaccare nuovamente il tentativo di riunire i voti della A. Proprio la Juventus aveva chiesto un cambio di passo sotto il profilo generazionale, ben incarnato da Albertini. E la necessità di facce nuove era stata espressa anche da Roma, Fiorentina, Napoli e da Barbara Berlusconi. “Non voglio entrare nelle dinamiche dei numeri. In otto anni di lavoro in Federazione ho imparato ad apprezzare l’impegno di tanti dirigenti”. Situazione cristallizzata? Difficile che Albertini abbia deciso di esporsi a partita già virtualmente chiusa. La corsa è appena iniziata. E potrebbe essere più combattuta di quanto sembri.