Diritti

Gay: licenziata perché lesbica ovvero per aver detto la verità

La naiveté che mi porto dietro dall’infanzia mi conduce a sorprendermi di come sempre più spesso i cattolici ignorino quella che è la verità dei fatti e del mondo.

In questi giorni è assurto alle cronache il caso dell’insegnante di una scuola cattolica di Trento – una brava insegnante, a quanto pare, in servizio in quella scuola da cinque anni – alla quale non è stato rinnovato il contratto in conseguenza di voci che le attribuivano il fatto di essere lesbica. Interrogata dalla madre superiora e invitata a negare quelle voci, l’insegnante ha invece ritenuto di non avere nulla da direDa qui il mancato rinnovo.

La verità a cui mi riferisco è data dalla considerazione, di per sé elementare, che l’orientamento sessuale non ha niente a che vedere con la capacità di essere un bravo insegnante o educatore. Sebbene continuino a esistere anche nel nostro Paese persone che hanno bisogno di essere convinte dell’assoluta irrilevanza, in termini di abilità al lavoro, dell’essere gay o lesbica, e persino del fatto che le persone Lgbt possono essere bravi professionisti in ogni campo, è chiaro che si tratta di autentici pregiudizi, privi di qualunque riscontro statistico o empirico.

A ragionare diversamente, dovremmo infatti licenziare un quarto del personale scolastico nazionale e chiudere metà delle parrocchie del nostro Paese, o magari imporre questionari a tutti i ginecologi o le ostetriche destinate ad avere a che fare con i nostri bambini, oppure svolgere pesanti interrogatori del personale delle carceri minorili, dei catechisti, e così via.

La verità è che se sei gay o lesbica, sei gay o lesbica. E se te lo chiedono espressamente puoi decidere anche di mentire, anche per la più nobile delle ragioni. Ma se lo fai, in fondo non fai altro che dire apertamente una bugia, il che sicuramente non può essere il pregio di un insegnante o di un educatore.

Certo, quella incriminata è una scuola cattolica. E i cattolici, si sa, non vedono di buon occhio l’omosessualità. E hanno ragione, visto che, come denuncia già la madre superiora, ci sono genitori che sono venuti a chiederle se l’insegnante coinvolta fosse quella assegnata ai loro figli. 

Mi domando perché la madre superiora non abbia risposto, a quei genitori curiosi e magari preoccupati più di sapere quello che la gente fa sotto le lenzuola che della salute mentale dei propri figli, con quella che è la verità: che è una brava insegnante e le scuole, anche quelle cattoliche, per fortuna hanno brave insegnanti.

Ad onor di cronaca, comunque, va detto che alle cosiddette organizzazioni di tendenza come gli enti a ispirazione religiosa non è affatto consentito discriminare sulla base dell’orientamento sessuale, ma solo in virtù delle convinzioni politiche o del credo religioso. Lo stabilisce la nostra attuale legge, che per fortuna esiste e protegge i lavoratori da licenziamenti illegittimi fondati unicamente sull’orientamento sessuale, esattamente com’è il caso di specie. Essere lesbica n0n è una convinzione personale. E’ la verità.

Subire un danno per aver affermato una verità è la cosa più ingiusta che può accadere a una persona, e qui la religione non c’entra proprio niente.

Comprensione, non inquisizione, dovrebbe essere il motto di ogni scuola cattolica che si vanti di essere tale e, non va taciuto, prenda soldi pubblici – soldi che vengono da tutti i contribuenti, anche da gay e lesbiche.