Camusso: "Preoccupa tenuta sistema industriale". Palombella: "Non intravediamo quella giusta politica industriale per risalire la china. Ci vogliono investimenti materiali ed immateriali sul manifatturiero"
I ricavi dell’industria a maggio segnano un calo dell’1% rispetto ad aprile. Si tratta del secondo ribasso congiunturale consecutivo, cioè il secondo calo riferito a una fase particolare del ciclo economico. Lo scenario è comunque migliore di quello che si pensava dopo i dati negativi sulla produzione industriale: il fatturato resta infatti positivo su base annua con un incremento dello 0,1% rispetto a maggio del 2013. A trattenere la caduta è lo sfasamento dei pagamenti rispetto al momento della produzione e l’effetto ponte tra le due festività del primo e domenica 3 maggio. Lo rileva l’Istat, che stavolta registra i dati peggiori sui mercati esteri.
Nel dettaglio, nel mese di maggio il fatturato è calato sia per le vendite all’estero sia per quelle interne: le diminuzioni sull’estero contano per l’1,9%, mentre sul territorio nazionale si registra lo 0,6% in meno. Il dato annuo invece è frutto di un aumento dello 0,1% sul mercato interno ed un ribasso dello 0,1% fuori confine. Passando all’indice grezzo, che comprende i raggruppamenti delle principali industrie, il giro d’affari risulta in calo del 3,1%, con la componente interna dei beni intermedi che fa da zavorra. Analizzando i diversi settori, la crescita tendenziale più rilevante si registra nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+6,0%) e male non va per il tessile che sale del 4,4%, al contrario la diminuzione più ampia riguarda i prodotti chimici (5,4%) e tra i segni meno c’è anche l’alimentare (-1,7%).
Anche per quanto riguarda gli ordini l’Istat registra un calo importante nel mese di maggio. Per gli ordinativi totali si registra una flessione congiunturale del 2,1%, data dalla diminuzione del 4,5% degli ordinativi esteri e dello 0,2% di quelli interni. Nel confronto con il mese di maggio 2013, l’indice grezzo degli ordinativi segna una diminuzione del 2,5%. L’incremento di ordini più rilevante si registra nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+15,0%), mentre la flessione maggiore si osserva nella fabbricazione di macchinari e attrezzature (-13,6%).
Il calo della produzione industriale “è la nostra preoccupazione ed è anche l’allarme che abbiamo lanciato nei giorni scorsi. Noi abbiamo un livello di processi annunciati di ridimensionamento dell’attività produttiva in settori strategici che ci fanno temere per la tenuta del nostro sistema industriale”, è stato il commento del leader della Cgil, Susanna Camusso. “Gli andamenti hanno come sempre elementi congiunturali ma sono in realtà un progressivo ripensamento del nostro sistema industriale e vediamo una totale disattenzione sui temi lavoro, dell’industria, su quali scelte di investimento fare. Se rinunciamo ad investire nella chimica, nella siderurgia facciamo due danni giganteschi, uno che ci saranno licenziamenti e dipendenti messi in mobilità, dall’altro quel poco di industria che rimane dovrà alimentarsi dall’esterno e quindi diventeremo importatori delle materie prime che oggi produciamo per la manifattura in Europa”, ha concluso.
“Il mercato interno non risponde adeguatamente e i dati sulla produzione industriale risentono fortemente degli effetti della crisi. Spagna e Portogallo sono già in deflazione; non deve succedere anche al nostro Paese. Utilizziamo al meglio il tempo del semestre europeo a presidenza italiana”, è stato invece il commento di Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. “La flessione su base mensile e quella su base annua -ha continuato – ci preoccupa perché tuttora non intravediamo quella giusta politica industriale per risalire la china. Ci vogliono investimenti materiali ed immateriali sul manifatturiero, perché se si continua così il tanto invocato “rinascimento industriale” rimarrà una chimera rispetto all’esistente arretramento vissuto dal settore in questione”