Il fatto non sussiste, non ci fu costrizione, non ci fu induzione. C’è un’assoluzione, c’è la riconquista dell’onore perduto di B. e, grazie all’occasione assolutoria, la riabilitazione parziale dei magistrati italiani, soltanto quelli che assolvono, che fanno “il loro lavoro silenziosamente, con equilibrio e rigore ammirevoli”. 

Ci sono due lettere: “Carissimo Presidente, Amico Silvio! Con commozione esultiamo con Te…” una è firmata dai 59 senatori e l’altra dai 69 deputati di Forza Italia. Compaiono anche le firme dei cosiddetti frondisti, forse perchè nella buona sorte ci si ricompatta più facilmente.

Il tono, nella lettera dei deputati, a tratti, diventa francamente imbarazzante: “Se permetti, anche noi ci consideriamo tuoi familiari e in questa ora di gioia, guardiamo indietro ammirati per la testimonianza che hai dato a noi e all’universo intero, nemici compresi, della tua forza morale, che si appoggiava sulla certezza della retta coscienza. Siamo orgogliosi di averti per leader, ancora per cento anni!”. Chi si accontenta gode, e pare che una sentenza lavi l’altra.

Ma, nel tripudio generale, un piccolo tarlo continua a rodere: lo Stato, il nostro Stato, sotto forma di alcuni funzionari di polizia, contrariamente a quanto stabilito dal magistrato minorile investito del caso (“Questa qui è minorenne e noi non siamo abituati a fare andare in giro i minorenni così, quindi non la rilasciamo per niente, va in una comunità di pronto intervento. Se non dovesse accoglierla, l’autorizzo a trattenerla fino a  domani mattina, finché il pronto intervento non si metterà in moto per trovarle un posto”), decise, nella notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010, di affidare una minore a una persona che non aveva particolari titoli per assumersi questa responsabilità mentre, secondo il magistrato, avrebbero potuto affidargliela solo a due condizioni: che fosse identificata e che ci fossero i documenti chiesti dalla legge per avere titolo a chiedere l’affidamento. Lasciamo poi perdere, per carità di patria, il modo in cui la persona prescelta interpretò questa assunzione di responsabilità.

La sentenza di venerdì ci dice che le cose non andarono così a causa di un’anomalia, come aveva indicato la sentenza di primo grado. Ci dice che non vi fu reato, almeno non da parte del signor B. Eppure, in questura, qualcosa di anomalo accadde perché, se una telefonata di un’alta carica dello Stato può suscitare un timore reverenziale, l’idea di affidare una minorenne alla mercè di chi non è in grado di offrire garanzie dovrebbe far nascere un altro timore ben più forte, capace di controbilanciare il primo.

Perché questo non è accaduto? Di chi la responsabilità? Succede altre volte in casi che non approdano alle prime pagine dei giornali? Ai giudici della sentenza di venerdì si chiedeva di accertare le eventuali responsabilità dell’ex presidente del Consiglio. Se però verrà confermato che non ve ne sono, bisognerà cercarle dove stanno. Chi e quando lo farà?

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