L'ex presidente del Consiglio regionale lombardo sostituisce colui che l'anno scorso sconfisse l'uomo dell'attuale segretario federale per appena undici voti
Un anno per un commissariamento, qualche mese in più per una riabilitazione. Sono i tempi della Lega Nord che lunedì ha proceduto all’azzeramento della sezione mantovana del partito. La vicenda si trascina da tempo e non è stata indolore. Era il 21 luglio del 2013 quando Cedrik Pasetti, uomo vicino all’assessore regionale lombardo Gianni Fava, è eletto segretario. Per 11 voti sconfigge Andrea Dara, considerato un fedele di Matteo Salvini. Dirigenti e militanti dell’alto mantovano lamentano brogli e chiudono le sezioni per protesta. Pochi mesi dopo alle urne il Carroccio esce vistosamente ridimensionato nelle sue roccaforti in provincia. Con ampio ritardo rispetto alle aspettative dei “ribelli” di Goito e Castiglione il commissariamento è ora arrivato. Ma l’uomo chiamato a placare le turbolenze non ha il profilo del pacificatore.
Da queste parti Davide Boni lo conoscono bene: è stato consigliere, assessore e infine presidente della Provincia di Mantova. Poi il salto a Milano. Boni, che ha ricoperto numerosi incarichi nella Lega, ha svolto tre mandati al Pirellone. Era presidente del consiglio regionale lombardo nel 2012, quando fu raggiunto da un avviso di garanzia per corruzione in un’inchiesta su un giro di tangenti sull’urbanistica nel milanese. Una vicenda dalla quale è uscito pulito. Risulta ancora coinvolto, invece, nello scandalo rimborsi in Lombardia: secondo i pm per anni ha finto di percorrere quotidianamente i 300 chilometri che separano Milano da Sabbioneta, nel mantovano. Così avrebbe intascato 30mila euro di benzina mai consumata. Nel febbraio 2012, quando si dimise da presidente del consiglio regionale, citò Bossi come esempio: “Faccio un passo indietro come lui” disse. Erano i giorni delle ramazze del segretario Maroni e delle espulsioni di Rosi Mauro e Belsito.
Lo scorso febbraio per la prima volta la Lega conquistava la Lombardia, ma lui non c’era. Dovette saltare un turno come l’ex capogruppo Stefano Galli che aveva messo sul conto della regione il matrimonio della figlia, o come il bergamasco Belotti. Negli ultimi mesi Boni non ha avuto ruoli ufficiali, ma è stato molto attivo sui social network così come nelle tv locali. Alle manifestazioni della Lega era sempre in prima fila. Il nuovo commissario mantovano rappresenta l’ala più destra delle ex camicie verdi, corrente che al momento pare vincente tra le battaglie No Euro di Salvini e l’alleanza con Marine Le Pen. Da giovane Boni era stato nel Msi ed è da sempre considerato uomo vicino a Mario Borghezio. Doti e contatti che ora potrà tornare a fare pesare nelle terre dove esordì in politica. Da Mantova, per intanto, è difficile strappare una dichiarazione. “Non condivido le motivazioni del commissariamento, ma accetto la decisione e rimango a disposizione” l’unico commento del segretario esautorato Cedrik Pasetti. La nomina non turba neanche quelli della Fenice. Così si sono rinominati i dissidenti dell’Alto Mantovano, che dopo la fuoriuscita si sono costituiti in associazione. Loro non rientrano: non è con Boni commissario che si risolvono i problemi di democrazia.