Sono passati due anni da quella fotografia e Arturo è ancora relegato in quel piccolo recinto di cemento situato a Mendoza in Argentina, un luogo decisamente innaturale per le esigenze ambientali di un orso polare. Vive lì da circa venti anni e da due anni ha perso anche la sua compagna chiamata Pelusa. E’ stato definito l’orso più triste al mondo, non solo per la perdita della compagna, ma soprattutto perché Arturo è un animale “colpito da depressione, patologia che insorge spesso negli ospiti dei giardini zoologici. Si origina da una vita sempre più distante da ciò che l’evoluzione biologica ha costruito per la specie, lontana dalle naturali esigenze ecologiche e comportamentali che la cattività non potrà mai soddisfare. Aspettative frustrate che fanno insorgere la depressione che, in definitiva, non è che l’effetto di un disadattamento. Nel video non sfugge poi come Arturo sia afflitto da stereotipie locomotorie; va avanti e indietro in continuo, con movenze immutabili, lungo lo stesso tragitto, come si riscontra del resto per molte specie in cattività” spiega l’etologo Danilo Mainardi al Corriere.
E’ stata avviata una petizione, che vi invito a firmare, per chiedere di trasferire Arturo presso l’Assiniboine Park Zoo, dove c’è un centro specializzato per orsi polari. L’idea di spostarlo da una prigione all’altra non piace anche a me, sia chiaro! Non c’è alternativa! Non è possibile rilasciare in natura un orso cresciuto in cattività. La nuova sistemazione, però, può garantirgli almeno il freddo, una delle condizioni fondamentali per questo animale morfologicamente strutturato per vivere nei paesi innevati. Il direttore dello zoo di Mendoza si oppone al trasferimento già da diversi mesi, sostenendo che l’orso non riuscirebbe a superare l’anestesia e i due giorni di viaggio per raggiungere la destinazione. La vita di Arturo, dunque, è appesa ad un filo manovrato dalla mano di un uomo. Sarà lo stesso, che venti anni fa, ha deciso di averlo a tutti i costi come attrazione dello zoo? Poco importa. Adesso quell’uomo sta decidendo come deve morire Arturo, solo e depresso, senza dargli almeno la possibilità di provare a lottare per sopravvivere e raggiungere una nuova vita!
Ma non è tutto. C’è anche un’altra storia di cui parlare oggi, non meno importante di quella di Arturo, la mucca Camilla fuggita da un allevamento di Vinci, la notte tra il 15 e il 16 luglio. L’allevatore l’ha definita pericolosa e per questa ragione il comune ha emesso un’ordinanza che ne prevede l’abbattimento. Sono molti i casi di animali che si ribellano al loro destino, fuggendo da circhi, zoo, allevamenti; spesso, purtroppo, vengono nuovamente catturati, altre volte perdono la vita durante la fuga come nel caso della giraffa fuggita dallo zoo attendato ad Ostia.
Ad ogni modo le loro storie riscuotono tanti consensi, in molti si schierano dalla loro parte, non solo gli animalisti. La ragione, forse, sta nel fatto che vedono il loro coraggio e quella voglia di riscatto che tutti noi vorremmo avere per cambiare un mondo che non ci appartiene e che ci rende infelici. Resistenza Animale ha organizzato una protesta per ottenere l’asilo politico per Camilla, che con la sua fuga chiede “espressamente di schierarsi chiaramente contro ogni sfruttamento”. I sostenitori hanno anche trovato per Camilla un posto che possa accoglierla degnamente. Non lasciamo che venga abbattuta o venga catturata per essere riportata nell’allevamento dove trascorrerebbe la sua vita come fattrice. Per essere solidali con Camilla possiamo partecipare alle varie proteste proposte su questa pagina. Io sto con Camilla e voi?