Col decreto l’Italia avvia gli interventi per centrare l’obiettivo europeo di ridurre del 20% il suo consumo energetico nazionale entro il 2020. Saranno utilizzati 5 milioni nel 2014 e 25 milioni nel 2015
L’Italia recepisce la Direttiva europea sull’efficienza energetica tramite il decreto legislativo pubblicato in gazzetta il 18 luglio scorso, a circa un mese dalla scadenza imposta dall’Unione Europea per evitare la procedura d’infrazione. Il testo mantiene l’impianto del decreto legislativo inoltrato il 4 aprile alle Commissioni competenti di Camera e Senato ed alla Conferenza Unificata, con alcune differenze degne di nota. Restano immutati l’obiettivo generale della “rivoluzione verde” – ridurre i consumi di energia primaria di 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) – e l’entità dell’impegno per la pubblica amministrazione centrale (0,04 Mtep).
Cambia invece il proponente delle “misure di sostegno finanziario”. L’Enea (L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), incaricata nel testo originario all’interno della stesura del Piano d’azione nazionale per l’efficienza energetica atteso per il 2014, è sostituita da una “cabina di regia” formata da Ministero dello sviluppo economico e “Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”. Strumento principale a sua disposizione sarà il Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica che sosterrà gli interventi tramite la concessione di garanzie e l’erogazione di finanziamenti. Per queste operazioni il Fondo disporrà di 5 milioni di euro per il 2014 e 25 milioni per il 2015, cui potrebbero aggiungersi risorse supplementari annuali. Origine principale delle stesse: il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, i quali “a valere sui proventi annui delle aste delle quote di emissione CO2 destinati ai progetti energetico ambientali” e “previa verifica dell’entità dei proventi disponibili annualmente” dovrebbero versare rispettivamente 15 e 35 milioni di euro all’anno cadauno. Il condizionale è d’obbligo poiché queste integrazioni al Fondo risultano “possibili” ma non “obbligatorie”. Chi deciderà quindi a proposito? La cabina di regia, ovvero gli stessi ministri: Federica Guida e Gian Luca Galletti.
Unitamente a queste due fonti governative, il decreto indica una terza sorgente integrativa per il Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica: quel fondo di garanzia della Cassa conguaglio per il settore elettrico, creato nel 2011 per sostenere le sole reti di teleriscaldamento, cui nel 2013 si sono aggiunte “altre iniziative di efficienza energetica”. Questo fondo raccoglie un corrispettivo applicato al consumo di gas metano pari a 0,05 c€/Sm3, caricato sulle bollette ai clienti finali, e a distanza di tre anni dalla sua istituzione risulta ancora inattivo. Tutto ciò poiché il Ministero dello sviluppo economico non ne ha mai definito le disposizioni applicative, congelando di fatto gli attuali, stimati, 78 milioni di euro raccolti e mettendo in difficoltà alcuni operatori del settore che – come lamentato dall’Associazione Italiana Riscaldamento Urbano (AIRU) – “confidando sulla promessa di imminente pubblicazione del decreto attuativo (…) hanno realizzato nuove reti di teleriscaldamento o esteso quelle esistenti, esponendosi nei confronti del sistema bancario in misura superiore a quella normalmente raccomandabile in assenza di sostegno” (leggi).
Considerata l’esposizione già presente per tale Fondo – garanzia di interventi per le reti di teleriscaldamento e dal 2013 di altre iniziative di efficienza energetica – resta il dubbio sulla sua capacità di sostenere il carico delle ulteriori attività di ambito indicate dal decreto. Lo sapremo probabilmente tra 90 giorni quando, stante all’art. 15 comma 5 del decreto, saranno pubblicati gli “uno o più decreti” nei quali la cabina di regia, “di concerto col Ministero dell’economia e delle finanze” definirà “priorità, criteri, condizioni e modalità di funzionamento, gestione e intervento del Fondo”.
Una nota finale sui tempi certi di questo provvedimento epocale per il sistema energetico italiano. Entro il 30 novembre 2014 la cabina di regia pubblicherà il programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale: saranno utilizzati 5 milioni nel 2014 e 25 milioni nel 2015.
Entro il 5 dicembre 2015 e successivamente ogni 4 anni le grandi imprese – aziende con più di 250 occupati o 50 milioni di fatturato annuo o 43 milioni di totale di bilancio – dovranno obbligatoriamente eseguire diagnosi energetiche condotte da soggetti certificati: società di servizi energetici (principalmente E.S.CO.), esperti di gestione dell’energia o auditor energetici e da Ispra. Possono evitare l’obbligo quelle grandi imprese che risultano conformi Emas (il sistema comunitario di ecogestione e audit) e alle norme ISO 50001 o EN ISO 14001.
La cabina di regia dovrà pubblicare entro il 31 dicembre 2014 un bando per il co-finanziamento di programmi presentati dalle Regioni finalizzati a sostenere la realizzazione di diagnosi energetiche nelle piccole e medie imprese o di adozione nelle Pmi di sistemi di gestione conformi alle norme ISO 50001, con risorse pari a 15 milioni di euro l’anno. Entro la stessa data Enea, in collaborazione coi principali beneficiari del decreto, le Associazioni dei consumatori e le Regioni, dovrà rendere noto il Programma triennale di informazione e formazione, finalizzato a promuovere e facilitare l’uso efficiente dell’energia.
Ultima data da tenere di conto: 30 aprile. Dal 2015 fino al 2020, in questa data il Ministero dello sviluppo economico, su proposta Enea, approverà e trasmetterà alla Commissione europea la Relazione annuale sui progressi nel conseguimento degli obiettivi. Speriamo di non essere “rimandati a settembre”. La rivoluzione verde imposta dall’Unione europea può finalmente avere inizio, benché non annunciata con clamore mediatico dall’attuale governo italiano.