Benvenuti a Cartoonia.

Jessica Rabbit Boschi, avanzando sinuosamente tra sbattiti di ciglia fino al centro del palcoscenico di Montecitorio, attaccò la ballata nostalgica di Sam Simpatia (Yosemite Sam, alias Amintore Fanfani), il pistolero bassotto e irascibile nemico di Bunny coniglio (il fronte titubante dei Diritti Civili). Un evergreen.

Allora apparve chiaro che i cartoni animati ormai avevano inglobato definitivamente e per intero la realtà. E ci si chiese: chi ha incastrato la Repubblica?

Le creature di carta inchiostrata avevano da tempo progettato la conquista dell’Italia e per vent’anni Silvio Berlusconi, un personaggio dei fumetti più trash (il Boss di Sin City), occupò la scena politica e colonizzò di incubi gli immaginari nazionali, imponendosi come un supereroe al contrario: tutto quanto toccava veniva trasformandosi in conflitto di interessi. Una “striscia” che presentava l’intero campionario pulp più collaudato: l’avvocato delle mazzette, l’intermediario della Mafia (sotto la copertura del raffinato bibliofilo) che non si sa da che parte effettivamente stia, l’ex pupa della balera plastificata in pitonessa, i mercanti di carne fresca sotto mentite spoglie (quella di igienista dentale era davvero la più improbabile), un po’ di killer a mezzo stampa (dal lottatore sumo del Foglio allo scheletrito del Giornale) e una camionata di comparse, in ansiosa attesa di qualche briciola lasciata cadere dal Boss.

Dopo anni di successi il prodotto dava ormai segni di aver stufato. Tanto che si parlò più volte di ritirarlo dal commercio, magari spedendo il personaggio principale a fare il badante ai vecchietti di Cesano Boscone.

Ci voleva la trovata per proseguire nella trasformazione della Repubblica nell’auspicato mondo dell’irreale. E questa fu il passaggio al movimento: dal fumetto al cartone animato. Operazione – tra l’altro – che poteva riciclare in guest star lo stesso Berlusconi di Sin City.

I cartoonist si misero subito all’opera, partendo dal mixaggio del premier di Cartoonia tra il restyling del Porcellino Jimmy e il “character” di Topolino: la sceneggiatura dell’agitarsi operoso (anche se non viene mai spiegato perché e per come) con la faccia paffutella che fa simpatia.

Una realizzazione con tutti i crismi dell’indistruttibilità: a un cartone animato non puoi sparare e se lo prendi a martellate neppure se ne accorge. Al massimo compaiono sulla scena un po’ di stelline sonore.

Certo, si potrebbe staccare la spina e interrompere la trasmissione, ma chi ha il coraggio di prendere l’iniziativa in un pubblico (il popolo italiano) ormai annichilito?

Intanto prosegue l’opera di ridisegno con le tinte pastello della realtà in una gag di cartavelina: con ottanta euro si fanno ripartire i consumi a livelli multimilionari, sostituire senatori eletti con un po’ di amministratori locali (magari inquisiti) creerà nuova occupazione (specie giovanile), l’Europa si incanterà ascoltando le filastrocche del premier incaricato concedendo sconti e bonus. Il perfetto plot di un cartone animato. Destinato a restare in programmazione a lungo.

Sempre che non avvenga l’irreparabile: lo sgocciolamento attraverso una piccola falla nel mondo di carta di un liquido verdastro; la miscela di acetone, benzina e trementina denominata in gergo “salamoia”: il solvente che scioglie le creazioni delle matite inchiostrate. La salamoia non è altro che l’accumulo di problemi irrisolti che non è più possibile impacchettare nella carta, prendere e portare via.

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