Roma avrebbe dovuto recuperare i 360 milioni di euro versati dalla società pubblico-privata Sea, che ha come socio principale il Comune di Milano, alla controllata Sea Handling, ora in liquidazione. Invece non si è mossa. Di qui la decisione di Bruxelles, che intanto ha aperto un'indagine anche sull'erede Airport Handling. Per Modiano, presidente di Sea, è "un vero e proprio accanimento"
Italia “alla sbarra” per l’affaire Sea Handling. La Commissione Ue ha deferito Roma alla Corte di giustizia europea per non avere recuperato, come Bruxelles aveva stabilito nel 2012, i 360 milioni di aiuti di Stato illegali concessi alla società dei servizi di terra controllata da Sea. E la nuova grana arriva solo due settimane dopo l’apertura di un’ulteriore indagine europea su Airport Handling, nuova azienda creata ad hoc proprio per dribblare il nodo del rimborso. Un accavallarsi di procedimenti che per Pietro Modiano, presidente di Sea (che ha il comune di Milano come socio di maggioranza e il fondo F2i di Vito Gamberale primo socio privato) configura un “vero e proprio accanimento” da parte dell’Ue. “Il deferimento non mi pare motivato”, scrive il manager in una nota. Ricordando che “il rimborso dei presunti aiuti di Stato può avvenire o per cassa o per estinzione del soggetto che li avrebbe percepiti”. Ebbene, è il ragionamento dell’ex banchiere, Sea Handling è in liquidazione dall’1 luglio, “l’1 settembre cesserà di operare e dopo pochi mesi sarà estinta”. Morta l’azienda, fine del problema. “Quanto ad Airport Handling lo abbiamo affermato più volte: nessuna continuità con Sea Handling nel pieno rispetto dei criteri comunitari, lo dimostreremo con chiarezza e pazienza in tute le sedi”. Peccato che i commissari europei non la pensino così, anzi mettano in dubbio la “genuina discontinuità” tra le due società.
Ma il problema più urgente, ora, è la restituzione dei soldi concessi tra il 2002 e il 2010 da Sea alla controllata e giudicati incompatibili con le norme Ue. Nel marzo 2013 l’Italia, Sea Handling e il Comune di Milano hanno chiesto al Tribunale Ue di sospendere la decisione della Commissione, ma i giudici hanno respinto la domanda e in ogni caso il ricorso non sospende l’obbligo per lo Stato membro di recuperare l’aiuto ritenuto incompatibile. L’Italia aveva quattro mesi per procedere, ma non si è mossa. Di qui il deferimento alla Corte del Lussemburgo. “Sono molto dispiaciuto e non condivido”, è stato il commento del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Secondo il quale “la società e il Comune di Milano avevano ottemperato a tutte le richieste della Commissione, e il ministero aveva fornito tutti i chiarimenti in merito. Difenderemo con forza davanti alla Corte europea le ragioni di Sea, del Comune di Milano e del governo italiano”.