Abbandonata la claustrofobia, la paranoia dura e i dilemmi politically correct dell’agiata famigliola di Ethan Hawke, Anarchia allarga il campo, abbandona la facoltosa casetta per le mean streets di Los Angeles, dove la paura impazza senza barriere architettoniche ed etiche: come garantire che il tasso di criminalità rimanga sotto l’1% nel resto dell’anno? Dedicando mezza giornata, meglio, una nottata allo sfogo, stavolta perfezionato dai Padri Fondatori con una dedicata macelleria sociale: i cittadini (si) ammazzano meno del previsto, per cui il governo deve supplire, sterminando con tir, swat e super-mitragliatori gli occupanti degli edifici prescelti . Pulizia etnica, o giù di lì, e due delle intese vittime sono la povera cameriera latina Eva (Carmen Ejogo) e la figlia Cali (Zoe Soul): oggetto di un’irruzione nazista nella sostanza, sarebbero spacciate, se non intervenisse un uomo misterioso e tenebroso, Leo (Frank Grillo, bravo), che fa piazza pulita e le carica in macchina.
Ma, a sua insaputa, il bolide è già occupato da una coppia sull’orlo della separazione e riunita dalla rottura della propria auto: Shane (Zach Gilford) e Liz (Kiele Sanchez), braccati da una banda di ragazzini dipinti e mascherati. Dunque, cinque diversamente derelitti in fuga per la salvezza: Leo vuole elaborare pistola in pugno il lutto del figlio, Eva e Cali hanno subito un’altra, recentissima perdita, Shane e Liz sono il simbolo scoperto della classe media in via d’estinzione. Non male per un film che promette solo un sano, pauroso intrattenimento, eppure lastrica i suoi 104 minuti di buone intenzioni sociopolitiche: Anarchia è fantascienza distopica, che imbarca con misura romance e soap, thriller e western, strizzando l’occhio a Distretto 13, Il giustiziere della notte e compagnia Seventies. C’è di più: accanto alla rinnovata opposizione tra ricchi e poveri, con i primi che comprano i secondi per un safari fratricida, l’antagonismo è anche tra bianchi e neri, con toni intermedi non manichei.
Ci sono i ragazzini coloured che procurano la merce, ma anche un attivista afro che da Black Panter 2.0 alterna incursioni virali e a mano armata per smascherare il genocidio dei Padri Fondatori: ebbene, abbinando quei ragazzini mascherati a questo tecno-guerriero, saltano fuori un’ispirazione poetica, la figura del poeta-musicista-militante afro Gil Scott-Heron scomparso nel 2011, e una iconografica, il video della sua Me and the Devil, non dichiarate. Una purga nella purga? Forse una semplice assonanza, eppure, cantava Gil, The Revolution Will Not Be Televised: vale anche per il grande schermo.
Il Fatto Quotidiano, 21 Luglio 2013