In provincia di Bergamo per inaugurare la nuova autostrada Brescia-Milano, la cosiddetta Brebemi, ieri Matteo Renzi ha curato bene di fare tre cose. Ribadire il “non ci fermeranno” sulle riforme. Concedersi a un sacco di telefonini per altrettanti selfie. Evitare accuratamente le domande dei giornalisti.
“Ma quanti siete?“, chiede il premier alle decine di operatori della stampa che nell’attesa della sua venuta sono stati opportunamente transennati. “Adesso parliamo dentro, (con voi) facciamo dopo”, assicura Renzi a chi cerca di fargli una domanda. Ore 12.30, sul palco è il turno di Matteo. “C’è una parte dell’opinione pubblica, della politica e della stampa che assume la nostalgia come elemento filosofico della propria proposta politica”, spiega il presidente del Consiglio. Lui no. Lui è ottimista. E ai “nostalgici del ‘si stava meglio quando si stava peggio’ manda a dire che “le riforme costituzionali si fanno, nessuno ci fermerà”. In fondo, aggiunge, “ce lo hanno chiesto 11 milioni di italiani”. Fine.
Scortato manco fosse il Papa, Matteo si concede a molti selfie, pacche sulle spalle, battute con i sindaci della zona. Domande? No. E le promesse fatte all’arrivo? Suvvia, a quelle non ci aveva creduto nessuno. “Non ho parlato abbastanza?”, si smarca all’uscita. “Poi stasera c’è il Consiglio dei ministri. Poi faccio la conferenza stampa”. Poi, la conferenza stampa non la farà. I titoli se li è già guadagnati in mattinata, ricordando a quelli che chiama “gufi e rosiconi” che ha preso il 40%. E le domande, quelle senza preavviso, non gliele fate. Meglio un selfie.