Vincenzo Nibali trionfa. Taglia il traguardo dell’Hautacam solo, da padrone del Tour, lanciato in una fuga più d’orgoglio che di forza, più di cuore che di ragione. E lo indica chiaramente, mentre passa la striscia bianca dell’arrivo, portandosi la mano sul petto, perché certe imprese non sono frutto di calcoli, bensì di passione, di impulsi, di momenti di grazia. Il ciclismo è sport di forti emozioni, la strada è il suo palcoscenico, il pubblico accompagna la fatica dei corridori con gioia ed allegria, l’atmosfera è di grande festa popolare. E’ un tifo che non si traduce in violenza, semmai in eccesso d’entusiasmo. Nessun altro sport offre così tanto, senza chiedere pedaggi, se non quello di poter assistere al passaggio dei ciclisti.
In queste strade affogate da foreste e sorvegliate dalle vette dei Pirenei che sembrano spade puntate al cielo, il Tour de France 2014 prende congedo dalle montagne che ne hanno fatto leggenda. La diciottesima tappa è partita da Pau, che del Tour è una delle città madri. In programma, 145 chilometri, ultima fatica del trittico pirenaico che ha segnato le gambe di tutti i concorrenti. C’è l’ultimo arrivo in salita, in cima all’Hautacam, che si staglia dopo aver scavallato il Tourmalet, appuntamento fisso del Tour montanaro. La Grande Boucle l’ha affrontato settantanove volte, la prima nel 1910, quando le strade erano sentieri per capre e per avventurosi pellegrini che la bici dovevano spingerla a mano. Da lassù, si può immaginare di vedere spuntare tra le nubi la Tour Eiffel, quando il Tour si avvia alla conclusione.
E’ giorno di di ideali commiati: da domani, il Tour ritorna a strade piatte, ad impegni meno traumatici. Sabato ci sarà la temuta tappa a cronometro, ma col vantaggio accumulato da Vincenzo Nibali, i problemi riguardano chi punta a salire sul podio per tenergli compagnia. Così, il primo a scattare è un certo Adam Hansen, seguito da una decina di corridori. Vengono ripresi in un amen. Al quarto chilometro ci prova Perrig Quemeneur. Seguito da Steven Kruijswijk. Gregari in cerca di piccola gloria. Dopo un ribollire di attacchi, finalmente piglia consistenza una fuga maturata al ventesimo chilometro. Vanno via in venti. Ci sono tre italiani, Daniel Oss, Marco Marcato e il suo compagno di squadra (la Cannondale) Alessandro De Marchi: il friulano è ormai un habitueé di queste iniziative, è già stato premiato due volte come corridore più combattivo della giornata.
Punta a diventare il corridore “supercombattivo” del Tour, che si piglia anche un bel gruzzolo: 20mila euro. E’ un bel gruppetto, con due vincitori di tappa, Blel Kadri e il migliore sul pavé, l’olandese Lars Boom. Ma fin da subito si capisce che al massimo arriveranno in cima al mitico Tourmalet, con il passaggio (“souvenir”) dedicato a Jacques Goddet, longevo patron del Tour dal 1936 al 1986. Perché dietro, Vincenzo Nibali vuole che il distacco non sia esagerato. Anzi, obbliga tutti i compagni di squadra, nessuno escluso, a tirare il gruppo in fila indiana, a tenere alto il ritmo. Non è un’esibizione di forza. E’ una parata. Vuol dire solo una cosa: oggi voglio vincere, voglio onorare la mia maglia gialla. Per rispetto di tutti coloro che in questi giorni mi hanno aiutato a conquistare la corsa più importante del mondo. Stavolta, l’improvvisazione è programmata. Voluta. Desiderata.
Nibali ha il senso della storia, la piccola grande storia del ciclismo. L’ultimo successo italiano al Tour è quello di Marco Pantani, nel 1998. A guidare il Pirata allora era Giuseppe Martinelli. Il direttore sportivo di Nibali. Sull’Hautacam, nel Tour del 1994, un giovane Pantani aveva staccato tutti, ma Miguel Indurain, la maglia gialla, non volle che vincesse: il Pirata gli aveva fatto perdere il Giro, doveva quindi vendicarsi. Nella nebbia che avvolgeva come un mantello la corsa, Miguelon trovò un alleato, il francese Leblanc, Insieme si dannarono per riprendere Pantani. Il patto era semplice: tu mi aiuti a riagguantare l’italiano, io ti lascio la vittoria. Anche per questo, Nibali, oggi medita a sua volta la vendetta di quella vendetta. La corsa di Vincenzo non si intreccia più con quella degli avversari. Non c’è confronto. Ma la corsa per salire sul podio trasforma la tappa in uno spettacolo pirotecnico.
Lungo la discesa dal Tourmalet lo spagnolo Alejandro Valverde si butta a tomba aperta, più avanti due gregari che stavano nella fuga lo aspettano. Va a pancia a terra, guadagna sino a venti secondi su Nibali e soprattutto sui francesini che gli stanno addosso, in classifica: Thibaut Pinot, la maglia bianca è terzo, ad appena 34 secondi; il veterano Jean-Christophe Péraud, 37 anni e ancora tanta voglia di provarci, segue a 42”, Romain Bardet è a più di due minuti da Valverde ma corre nella squadra di Péraud. Il tentativo di Valverde è disperato, senza possibilità di successo. Nibali piano piano rosicchia lo striminzito vantaggio, e ai piedi dell’Hautacam Valverde si arrende. Davanti, resistono in due: lo spagnolo Mikel Nieve della Sky e Blel Kadri. Poi, un sestetto con De Marchi e Oss.
Il gruppo Nibali gli sta alle costole. Nibali scalpita. Lo anticipa l’americano Christopher Horner, un vecchiaccio che lo ha battuto l’ultimo giorno alla Vuelta dello scorso anno. Horner scatta quando mancano undici chilometri alla vetta. Nibali lo aggancia in un battibaleno. Si aspettava magari un attacco di Pinot, o di Péraud. Gli va bene che sia Horner: con lui regola i conti. Lo abbandona al suo destino. Se ne va. Dieci chilometri. Non forza il passo, però il suo vantaggio aumenta progressivamente. Gli inseguitori arrancano. Alle 16 e 53, Nibali raggiunge Nieve. Anzi, lo salta d’amblè. Non lo vuole neanche in scia. Vuole la solitudine dei numeri primi. Più giù, Rafal Majka, il vincitore di Pla d’Adet, si preoccupa. L’arrivo ad Hautacam assegna 50 punti della classifica per scalatori. Majka è il leader, può conservarla se arriva entro il sesto posto. Lascia Péraud e soci, fila e rileva un Nieve in crisi.
Davanti, Nibali procede con maestosa sicurezza. Le roi du Tour. La folla applaude. Una ragazza in pants vuole scattare un selfie, al suo passaggio. Nibali urta il braccio della ragazza, la bici traballa, una piccola sbandata. Niente agguati del destino. Lentamente, il suo vantaggio cresce, ma senza quelle dimensioni che in altri tempi associavano sospetti. Domina, Nibali, ma da umano, non da robot. A un certo punto, a tre chilometri dalla fine, la sua pedalata si appesantisce, e si fa leggermente legnosa. Vincenzo non s’imballa, cambia regime al suo motore. E riprende a pedalare. L’ultimo chilometro è forse il più lungo della sua vita. Affronta l’ultima curva quasi sprintando. Sta lasciando un segno anche sui Pirenei, dopo averlo fatto sui Vosgi e sulle Alpi, e dopo soprattutto aver vinto a Sheffield, sotto il naso di Christopher Froome. Nel frattempo, l’altro Tour vede un quartetto avvicinarsi al traguardo: Majka, Péraud, Pinot, Tejay Van Garderen. Majka è beffato da Pinot, ma non perde la maglia a pois. Chi perde il secondo posto e scivola ai piedi del popdio è invece Valverde. Per pochissimi secondi. La Francia esulta, in fondo due dei suoi stanno con Nibali. Ad oltre sette minuti. Un distacco antico.
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Tour de France 2014, Nibali nella storia: vince da padrone anche ad Hautacam
L’italiano trionfa per distacco sulla mitica salita di Hautacam e ipoteca, se ancora ce ne fosse bisogno, la vittoria finale dell’edizione 2014 della Grande Boucle
Vincenzo Nibali trionfa. Taglia il traguardo dell’Hautacam solo, da padrone del Tour, lanciato in una fuga più d’orgoglio che di forza, più di cuore che di ragione. E lo indica chiaramente, mentre passa la striscia bianca dell’arrivo, portandosi la mano sul petto, perché certe imprese non sono frutto di calcoli, bensì di passione, di impulsi, di momenti di grazia. Il ciclismo è sport di forti emozioni, la strada è il suo palcoscenico, il pubblico accompagna la fatica dei corridori con gioia ed allegria, l’atmosfera è di grande festa popolare. E’ un tifo che non si traduce in violenza, semmai in eccesso d’entusiasmo. Nessun altro sport offre così tanto, senza chiedere pedaggi, se non quello di poter assistere al passaggio dei ciclisti.
In queste strade affogate da foreste e sorvegliate dalle vette dei Pirenei che sembrano spade puntate al cielo, il Tour de France 2014 prende congedo dalle montagne che ne hanno fatto leggenda. La diciottesima tappa è partita da Pau, che del Tour è una delle città madri. In programma, 145 chilometri, ultima fatica del trittico pirenaico che ha segnato le gambe di tutti i concorrenti. C’è l’ultimo arrivo in salita, in cima all’Hautacam, che si staglia dopo aver scavallato il Tourmalet, appuntamento fisso del Tour montanaro. La Grande Boucle l’ha affrontato settantanove volte, la prima nel 1910, quando le strade erano sentieri per capre e per avventurosi pellegrini che la bici dovevano spingerla a mano. Da lassù, si può immaginare di vedere spuntare tra le nubi la Tour Eiffel, quando il Tour si avvia alla conclusione.
E’ giorno di di ideali commiati: da domani, il Tour ritorna a strade piatte, ad impegni meno traumatici. Sabato ci sarà la temuta tappa a cronometro, ma col vantaggio accumulato da Vincenzo Nibali, i problemi riguardano chi punta a salire sul podio per tenergli compagnia. Così, il primo a scattare è un certo Adam Hansen, seguito da una decina di corridori. Vengono ripresi in un amen. Al quarto chilometro ci prova Perrig Quemeneur. Seguito da Steven Kruijswijk. Gregari in cerca di piccola gloria. Dopo un ribollire di attacchi, finalmente piglia consistenza una fuga maturata al ventesimo chilometro. Vanno via in venti. Ci sono tre italiani, Daniel Oss, Marco Marcato e il suo compagno di squadra (la Cannondale) Alessandro De Marchi: il friulano è ormai un habitueé di queste iniziative, è già stato premiato due volte come corridore più combattivo della giornata.
Punta a diventare il corridore “supercombattivo” del Tour, che si piglia anche un bel gruzzolo: 20mila euro. E’ un bel gruppetto, con due vincitori di tappa, Blel Kadri e il migliore sul pavé, l’olandese Lars Boom. Ma fin da subito si capisce che al massimo arriveranno in cima al mitico Tourmalet, con il passaggio (“souvenir”) dedicato a Jacques Goddet, longevo patron del Tour dal 1936 al 1986. Perché dietro, Vincenzo Nibali vuole che il distacco non sia esagerato. Anzi, obbliga tutti i compagni di squadra, nessuno escluso, a tirare il gruppo in fila indiana, a tenere alto il ritmo. Non è un’esibizione di forza. E’ una parata. Vuol dire solo una cosa: oggi voglio vincere, voglio onorare la mia maglia gialla. Per rispetto di tutti coloro che in questi giorni mi hanno aiutato a conquistare la corsa più importante del mondo. Stavolta, l’improvvisazione è programmata. Voluta. Desiderata.
Nibali ha il senso della storia, la piccola grande storia del ciclismo. L’ultimo successo italiano al Tour è quello di Marco Pantani, nel 1998. A guidare il Pirata allora era Giuseppe Martinelli. Il direttore sportivo di Nibali. Sull’Hautacam, nel Tour del 1994, un giovane Pantani aveva staccato tutti, ma Miguel Indurain, la maglia gialla, non volle che vincesse: il Pirata gli aveva fatto perdere il Giro, doveva quindi vendicarsi. Nella nebbia che avvolgeva come un mantello la corsa, Miguelon trovò un alleato, il francese Leblanc, Insieme si dannarono per riprendere Pantani. Il patto era semplice: tu mi aiuti a riagguantare l’italiano, io ti lascio la vittoria. Anche per questo, Nibali, oggi medita a sua volta la vendetta di quella vendetta. La corsa di Vincenzo non si intreccia più con quella degli avversari. Non c’è confronto. Ma la corsa per salire sul podio trasforma la tappa in uno spettacolo pirotecnico.
Lungo la discesa dal Tourmalet lo spagnolo Alejandro Valverde si butta a tomba aperta, più avanti due gregari che stavano nella fuga lo aspettano. Va a pancia a terra, guadagna sino a venti secondi su Nibali e soprattutto sui francesini che gli stanno addosso, in classifica: Thibaut Pinot, la maglia bianca è terzo, ad appena 34 secondi; il veterano Jean-Christophe Péraud, 37 anni e ancora tanta voglia di provarci, segue a 42”, Romain Bardet è a più di due minuti da Valverde ma corre nella squadra di Péraud. Il tentativo di Valverde è disperato, senza possibilità di successo. Nibali piano piano rosicchia lo striminzito vantaggio, e ai piedi dell’Hautacam Valverde si arrende. Davanti, resistono in due: lo spagnolo Mikel Nieve della Sky e Blel Kadri. Poi, un sestetto con De Marchi e Oss.
Il gruppo Nibali gli sta alle costole. Nibali scalpita. Lo anticipa l’americano Christopher Horner, un vecchiaccio che lo ha battuto l’ultimo giorno alla Vuelta dello scorso anno. Horner scatta quando mancano undici chilometri alla vetta. Nibali lo aggancia in un battibaleno. Si aspettava magari un attacco di Pinot, o di Péraud. Gli va bene che sia Horner: con lui regola i conti. Lo abbandona al suo destino. Se ne va. Dieci chilometri. Non forza il passo, però il suo vantaggio aumenta progressivamente. Gli inseguitori arrancano. Alle 16 e 53, Nibali raggiunge Nieve. Anzi, lo salta d’amblè. Non lo vuole neanche in scia. Vuole la solitudine dei numeri primi. Più giù, Rafal Majka, il vincitore di Pla d’Adet, si preoccupa. L’arrivo ad Hautacam assegna 50 punti della classifica per scalatori. Majka è il leader, può conservarla se arriva entro il sesto posto. Lascia Péraud e soci, fila e rileva un Nieve in crisi.
Davanti, Nibali procede con maestosa sicurezza. Le roi du Tour. La folla applaude. Una ragazza in pants vuole scattare un selfie, al suo passaggio. Nibali urta il braccio della ragazza, la bici traballa, una piccola sbandata. Niente agguati del destino. Lentamente, il suo vantaggio cresce, ma senza quelle dimensioni che in altri tempi associavano sospetti. Domina, Nibali, ma da umano, non da robot. A un certo punto, a tre chilometri dalla fine, la sua pedalata si appesantisce, e si fa leggermente legnosa. Vincenzo non s’imballa, cambia regime al suo motore. E riprende a pedalare. L’ultimo chilometro è forse il più lungo della sua vita. Affronta l’ultima curva quasi sprintando. Sta lasciando un segno anche sui Pirenei, dopo averlo fatto sui Vosgi e sulle Alpi, e dopo soprattutto aver vinto a Sheffield, sotto il naso di Christopher Froome. Nel frattempo, l’altro Tour vede un quartetto avvicinarsi al traguardo: Majka, Péraud, Pinot, Tejay Van Garderen. Majka è beffato da Pinot, ma non perde la maglia a pois. Chi perde il secondo posto e scivola ai piedi del popdio è invece Valverde. Per pochissimi secondi. La Francia esulta, in fondo due dei suoi stanno con Nibali. Ad oltre sette minuti. Un distacco antico.
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(Adnkronos) - Serie di attacchi aerei di Israele nella Striscia di Gaza, ripresi nella notte su ordine di Benjamin Netanyahu, che ha ordinato "la ripresa della guerra" contro Hamas, dopo che gli sforzi per estendere il cessate il fuoco sono falliti. Il bilancio delle vittime continua a salire. Secondo il direttore del ministero della Sanità della Striscia, Mohammed Zaqout, i morti sono saliti "ad almeno 330, per la maggior parte donne e bambini palestinesi, mentre i feriti sono centinaia"
Secondo quanto appreso dall'Afp da due fonti del movimento di resistenza islamico, tra le vittime c'è anche il generale di divisione Mahmoud Abu Watfa, che era a capo del ministero dell'Interno del governo di Hamas.
L'ufficio del primo ministro Netanyahu ha dichiarato che lui e il ministro della Difesa Israel Katz hanno dato istruzioni alle Forze di Difesa Israeliane (Idf) di intraprendere “un'azione forte contro l'organizzazione terroristica di Hamas” nella Striscia di Gaza. “Questo fa seguito al ripetuto rifiuto di Hamas di rilasciare i nostri ostaggi, così come al suo rifiuto di tutte le proposte ricevute dall'inviato presidenziale statunitense Steve Witkoff e dai mediatori”, ha dichiarato l'ufficio di Netanyahu in un post su X. “Israele, d'ora in poi, agirà contro Hamas con una forza militare crescente”, ha dichiarato l'ufficio di Netanyahu in una dichiarazione riportata dal Times of Israel, aggiungendo che i piani per la ripresa delle operazioni militari sono stati approvati la scorsa settimana dalla leadership politica.
Israele continuerà a combattere a Gaza "fino a quando gli ostaggi non saranno tornati a casa e non saranno stati raggiunti tutti gli obiettivi", ha affermato Katz.
La Casa Bianca dal canto suo ha confermato che Israele ha consultato l'amministrazione americana prima di lanciare la nuova ondata di raid. "Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per estendere il cessate il fuoco, invece ha scelto il rifiuto e la guerra", ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, Brian Hughes, al Times of Israel, dopo la ripresa dei raid israeliani contro la Striscia di Gaza.
Dal canto suo Hamas ha dichiarato che Netanyahu, con la sua decisione di "riprendere la guerra", "ha condannato a morte gli ostaggi" che si trovano ancora a Gaza. "Netanyahu e il suo governo estremista hanno deciso di sabotare l'accordo di cessate il fuoco - accusa il movimento in una nota - La decisione di Netanyahu di riprendere la guerra è la decisione di sacrificare i prigionieri dell'occupazione e di imporre loro la condanna a morte”. Hamas denuncia poi che il premier israeliano continua a usare la guerra a Gaza come "una scialuppa di salvataggio" per distrarre dalla crisi politica interna.
Hamas ha quindi esortato i mediatori internazionali a “ritenere l'occupazione israeliana pienamente responsabile della violazione dell'accordo” e ha sottolineato la necessità di “fermare immediatamente l'aggressione”.
Il cessate il fuoco era rimasto in vigore per circa due settimane e mezzo dopo la conclusione della prima fase, mentre i mediatori lavoravano per mediare nuovi termini per l'estensione della tregua. Hamas ha insistito per attenersi ai termini originali dell'accordo, che sarebbe dovuto entrare in vigore nella sua seconda fase all'inizio del mese. Questa fase prevedeva che Israele si ritirasse completamente da Gaza e accettasse di porre fine definitivamente alla guerra in cambio del rilascio degli ostaggi ancora in vita. Sebbene Israele abbia firmato l'accordo, Netanyahu ha insistito a lungo sul fatto che Israele non porrà fine alla guerra fino a quando le capacità militari e di governo di Hamas non saranno state distrutte. Di conseguenza, Israele ha rifiutato anche solo di tenere colloqui sui termini della fase due, che avrebbe dovuto iniziare il 3 febbraio.
Gli Houthi dello Yemen "condannano la ripresa dell'aggressione del nemico sionista contro la Striscia di Gaza". "I palestinesi non verranno lasciati soli in questa battaglia e lo Yemen continuerà con il suo sostegno e la sua assistenza e intensificherà il confronto", minaccia il Consiglio politico supremo degli Houthi, che da anni l'Iran è accusato di sostenere, come riportano le tv satellitari arabe.
Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.