L’assemblea degli azionisti di Alitalia ha approvato il bilancio 2013 che si è chiuso con un rosso di 569 milioni di euro e il conseguente aumento di capitale da 250 milioni di euro indispensabile per la continuità aziendale. Lo ha riferito un azionista uscendo dalla riunione durata oltre 5 ore, precisando che invece dell’accordo definitivo con Etihad non si è parlato, ma senza specificare qual è stata la posizione di Poste Italiane. Il contratto dell’alleanza con gli arabi verrà esaminato “quando gli amministratori saranno pronti e le cose saranno mature”, ha riferito il presidente del collegio sindacale della compagnia, Giovanni Barbara. “Oggi abbiamo lavorato con grande senso di responsabilità, Poste comprese”, ha aggiunto mentre l’amministratore delegato Gabriele Del Torchio ha detto che su Poste “spero che tra poco arrivino buone notizie. Stiamo ragionando. Ho letto dichiarazioni interessanti e importanti. Abbiamo incontrato i loro advisor, legali e manager”. Giovedì sera si era svolto un incontro tra i vertici della compagnia e il direttore di Alitalia e il direttore finanziario di Poste, Luigi Calabria, presente anche lui venerdì presso la sede della compagnia. Quel che è certo è che Air France è fuori dai giochi: “Non parteciperemo all’aumento di capitale di Alitalia, non inietteremo cash, anche se seguiamo da vicino la trattativa”, ha spiegato a un analista il presidente e amministratore delegato del gruppo francese Alexandre de Juniac che già a dicembre ha saltato una chiamata alla ricapitalizzazione riducendo da 25 al 7% circa la quota del gruppo francese in Alitalia e preparandosi così a diluirsi ancora.
Del resto il manager che ha già da gestire i conti della sua compagnia, difficilmente potrebbe giustificare l’esborso di altro denaro in una società che ha chiuso il peggior bilancio della sua breve storia, bruciando nel 2013 oltre un milione e mezzo di euro al giorno: il rosso all’ultima riga del bilancio, una perdita record, segna il peggior risultato per l’avventura tutta in perdita dei “capitani coraggiosi”: 1,412 miliardi bruciati in 5 anni. I bilanci tracciano in modo netto la caduta libera della compagnia risorta con il Piano Fenice di Corrado Passera dalle ceneri della vecchia Alitalia, nonostante fosse nata libera dai macigni del passato che soffocavano l’ex compagnia di bandiera: esuberi, debiti, aerei e attività da dismettere, tutto cancellato, lasciato in una bad company in liquidazione. Una storia che è pronta a ripetersi, non appena sarà trovata la quadra con Poste che, perché il piano Etihad vada in porto, dovrà trovare il modo di investire gli altri 40 milioni di euro già messi a disposizione per Alitalia, senza che l’Ue li respinga al mittente come aiuti di Stato.
Poi ci sono i sindacati che non mancano di far scoppiare le ultime scintille. Mentre i soci erano riuniti, è arrivato l’esito del referendum sugli accordi integrativi, sottoscritti il 16 e 17 luglio, che prevedono tagli sul costo del lavoro per 31 milioni di euro. Intese firmate da Filt Cgil, Fit Cisl, Ugl e Usb ma non da Uiltrasporti e dalle associazioni professionali di piloti e assistenti di volo Anpac, Avia e Anpav. Un paio d’ore dopo la chiusura delle urne, la Uiltrasporti ha annunciato, prima delle altre sigle, i risultati della consultazione. Il quorum non è stato raggiunto, avendo votato soltanto 3.555 lavoratori su un totale di 13.190 unità, pari, dunque, al 26,95 per cento. I sì all’accordo sono stati 3.022 e i no 475. Spicca il dato sull’astensione del personale navigante: dei 5.400 tra piloti e assistenti di volo ha votato soltanto il 3 per cento. Dati secchi e inconfutabili che hanno, però, subito alimentato una diatriba interpretativa fra i due schieramenti contrapposti, sull’efficacia degli accordi secondo quanto previsto dal testo unico sulla rappresentanza e democrazia sindacale. Il referendum è nullo ma, essendo abrogativo, non inficia la validità delle intese: è la tesi sostenuta dal fronte del sì appoggiato dalla compagnia che sottolinea come “il mancato raggiungimento del quorum, sulla base del TU sulla Rappresentanza e Democrazia Sindacale, conferma la validità degli accordi”. La tesi portata avanti da Uilt, Anpac, Avia, e Anpav è invece che il referendum non è valido e gli accordi sono inapplicabili agli iscritti delle sigle non firmatarie e ai non iscritti ai sindacati.
“Non commentiamo le incaute dichiarazioni dell’azienda, anche alla luce del fatto che ci sembra che l’80% dei lavoratori non condivida le sue scelte, perché non vogliamo fornire alibi né pretesti”, ha commentato il leader della Uil, Luigi Angeletti. Rimane, comunque, ha assicurato la Uilt, la disponibilità “a tornare al tavolo per fare un nuovo accordo, che non mortifichi le professionalità della compagnia”.