Lo ha detto il presidente della Lega Nazionale Dilettanti parlando del limite di due extracomunitari per squadra davanti all'assemblea della Lnd riunita all'Hilton Airport di Fiumicino. Poi le scuse: "Facevo un confronto con il calcio inglese". Ad appoggiarne la nomina, oltre ai suoi, anche tutti i club maggiori (tranne Juventus e Roma), serie cadetta e Lega Pro. Andrea Agnelli non lo vuole e rinuncia al posto in consiglio federale
Mancava solo il passo formale, adesso è arrivato anche quello. Peccato sia stato accompagnato da una gaffe a dir poco imbarazzante per un uomo di sport che mira a diventare presidente della Figc. Carlo Tavecchio ha presentato oggi la propria candidatura davanti all’assemblea della Lnd riunita all’Hilton Airport di Fiumicino. “Le questioni di accoglienza sono un conto, le questioni del gioco sono un altro. L’Inghilterra individua i soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare – dice Tavecchio parlando del limite di due extracomunitari per squadra – noi, invece, diciamo che ‘Optì Pobà’ (dice inventando un nome, ndr) è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio. E va bene così. In Inghilterra deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree”. Le scuse sono arrivate poco dopo: “Le banane? Non mi ricordo neppure se ho usato quel termine – spiega Tavecchio – e comunque mi riferivo al curriculum e alla professionalità richiesti dal calcio inglese per i giocatori che vengono dall’Africa o da altri paesi. Mi riferivo al calcio inglese che sugli extracomunitari ha regole precise: prima di giocare devono mostrare un curriculum di professionalità prestata nel loro paese altrimenti non vengono accettati – spiega il candidato alla presidenza della Figc – se qualcuno ha interpretato il mio intervento come offensivo, me ne scuso. Tra l’altro la mia vita è improntata all’impegno sociale, al rispetto delle persone, tutte, e al volontariato: in particolare in Africa”.
Tavecchio ha il 70% dei voti
Cosa propone Tavecchio nel suo programma? La riduzione a 18 squadre della Serie A, la riorganizzazione della governance, il ripensamento del settore giovanile che deve diventare una risorsa tecnica ed economica sia per i club che per la nazionale. Insomma, promette di “restituire dignità alla Federazione”, come ha spiegato oggi di fronte all’assemblea della sua Lega. “A 70 anni – assicura – non farò compromessi”. E insieme all’ufficialità della discesa in campo e alla presentazione del programma, c’è anche un’altra certezza: salvo sorprese clamorose dell’ultima ora, sarà lui il successore di Giancarlo Abete, dimissionario dopo la disastrosa spedizione mondiale in Brasile. Alle elezioni del prossimo 11 agosto, infatti, si presenterà con una base di consenso vicina al 70% dei voti. Davvero troppo per pensare di non farcela.
Il candidato di tutti, solo Juve e Roma contrarie
Tavecchio (come prevede lo statuto federale) viene candidato dalla Lega Nazionale Dilettanti, di cui è presidente dal 1999. Ma sarà il candidato praticamente di tutte le leghe, non solo della sua: dopo l’appoggio incassato quasi subito dalla Lega Pro, e il via libera da parte della Serie B di Andrea Abodi, ieri anche la Serie A ha deciso di votare per lui. Al termine di settimane di discussioni (anche molto accese) i presidenti del massimo campionato si sono ricompattati intorno a un documento di alcuni punti su cui il prossimo presidente dovrà orientare il suo mandato (riduzione delle squadre, vivai, giustizia sportiva in primis). Inizialmente si pensava che l’appoggio sarebbe potuto andare al candidato che avesse sposato questo programma; invece la Serie A ha scelto di sostenere da subito Tavecchio.
Una vittoria chiara di Adriano Galliani e di Claudio Lotito, principali promotori della mozione Tavecchio, all’insegna della continuità. Alla fine l’assemblea si è scoperta meno divisa di quanto si ipotizzasse, tutti si sono allineati a questa scelta. Tranne la Juventus e la Roma. James Pallotta, ma soprattutto Andrea Agnelli, nelle ultime settimane si erano pronunciati in maniera chiara ed inequivocabile contro la candidatura di Tavecchio. Non sono riusciti ad ottenere il rinnovamento che chiedevano e hanno ammesso la sconfitta: il presidente dei bianconeri ha rinunciato al posto in consiglio federale che avrebbe potuto avere, preferendo passare alla poco nutrita opposizione del prossimo governo. Una scelta di coerenza che adesso pone il suo club in posizione di isolamento, ma che in futuro potrebbe trasformarsi in un credito importante da riscuotere, se il mandato di Tavecchio dovesse rivelarsi fallimentare.
Il programma
Tutto dipenderà da quanto il gran capo dei dilettanti riuscirà a migliorare la situazione del sistema calcio italiano. Il programma presentato oggi pomeriggio è ambizioso: addirittura undici punti, che vanno dalla riorganizzazione della Federazione (al fine di snellire la governance e le procedure decisionali), alla tanto sospirata riforma dei campionati (con la riduzione del numero di squadre professionistiche, e il ritorno alla Serie A a 18 squadre). Al centro dei pensieri del presidente in pectore, anche lotta alla violenza, giustizia sportiva e sopratutto i giovani: l’obiettivo è rilanciare il settore tecnico creando dei centri di formazione federale (delle accademie per i prospetti migliori, simili a quelle che già esistono in altri sport), oltre a promuovere i vivai. Solo una battuta, invece, sulla questione del prossimo allenatore della nazionale: “Chi mando a settembre in panchina contro l’Olanda? Rivera! Scherzi a parte, quella del commissario tecnico è una scelta che va ragionata”, ha spiegato.
A ben vedere, il manifesto di Tavecchio non differisce più di tanto da quello del suo sfidante Albertini, e neppure dal documento approvato dalla Lega Serie A. Come ragionava qualche giorno fa il presidente della Serie B Abodi, “in fondo le idee di base sono più o meno le stesse, perché quello che serve al calcio italiano lo sanno tutti, ce lo diciamo da anni senza riuscire a realizzarlo. L’importante sarà la volontà comune di cambiare e di mettere in condizione il prossimo presidente di agire, a prescindere da chi sarà”.
Appuntamento l’11 agosto
Su quest’ultimo punto, però, non sembrano esserci più dubbi. Con il sostegno della Serie A e della Serie B, che si somma a quello della Lega Pro e della Lnd (che da sola conta il 33% dei delegati) Tavecchio si presenterà in consiglio certo di una maggioranza molto ampia, vicina al 70% dei voti. Demetrio Albertini, per settimane invocato da più parti come l’uomo giusto per il rinnovamento alla fine sarà solo un candidato di bandiera, appoggiato dalle componenti tecniche ed in particolare dall’Assocalciatori di Damiano Tommasi. Troppo poco per impensierire il nuovo numero uno del pallone italiano. L’11 agosto partirà l’era Tavecchio. Un mandato “dimezzato” per cominciare (solo due anni, si rivoterà nel 2016), ma fondamentale per il futuro del calcio italiano. Che pur scegliendo la continuità, dovrà per forza cambiare per non sprofondare sempre più in basso.
Aggiornato da redazione web alle 20.22