Chiunque conosca un po’ la cultura olandese, sa bene quanto le emozioni siano un affare privato da queste parti; raccontare in maniera persistente (ed invadente) fatti privati, cercare di attirare l’attenzione degli altri più del dovuto sono atteggiamenti che ricevono un certo grado di disapprovazione sociale in Olanda. Provate ad immaginare il disagio sociale che può suscitare un dramma come quello dell’MH17 in un popolo solito trovare soluzioni a tutto e raramente abituato a fare i conti con eventi sui quali non può esercitare controllo; proprio un paese come l’Olanda, dove per tutto esistono un ufficio, un modulo o una procedura, sta affrontando in questi giorni l’elaborazione del lutto di una tragedia senza una spiegazione, ancora più cruda per un paese che non ha vissuto il terrorismo, ha dimenticato (o semplicemente nascosto) la fisionomia del conflitto sociale e soprattutto che non proclamava un lutto nazionale dalla morte della regina Guglielmina nel 1962.
L’impatto sociale dell’incidente ed il senso di disturbo provocato dalle immagini arrivate dalla terra di nessuno di Donetsk, tra resti umani sparsi per i campi e beni personali saccheggiati, sono giunti in Olanda come un pugno nello stomaco; solo tra i miei contatti di Facebook olandesi si sono susseguiti diversi status di cordoglio di utenti che conoscevano direttamente o indirettamente alcune vittime; d’altronde in una capitale di appena 750mila abitanti, i gradi di separazione sono pochi. E in un paese di 17 milioni di abitanti, 200 vittime sono molte.
La manifestazione più evidente della composta disperazione olandese che tanto ha commosso mezzo mondo è stato il discorso alle Nazioni Unite di Frans Timmermans, ministro degli Esteri dei Paesi Bassi, che ha usato una grammatica asciutta e diretta, sintetizzando a perfezione l’idem sentire del paese; Timmermans, evitando propaganda e toni da nazionalismo ferito ha incentrato il suo discorso sul rispetto della dignità di quei resti umani che devono tornare in patria, facendo leva sul principio di “compassione” un concetto fondamentale nel pensiero politico e sociale dei Paesi Bassi.
E un concetto, in fondo, sposato in questa occasione, in maniera abbastanza fedele anche dalla stampa nazionale; solo oggi l’agenda mediatica è tornata alla normalità anche se le notizie restano in gran parte focalizzate sulla tragedia dell’MH17. Il quotidiano di Amsterdam Het Parool mostra sullo sfondo della sua pagina Facebook una bandiera rosso-bianco-blu a mezz’asta, mentre il Volkskrant altro quotidiano della capitale, ha pubblicato una breve biografia ed una galleria di foto delle vittime, tenendo a specificare che “il materiale è stato inviato dai familiari”. Addirittura Geen Stijl un ben noto sito di informazione populista e ben noto per il pessimo gusto (“geen stijl” in olandese vuol dire senza stile) e per gli articoli all’insegna della volgarità ha scelto un basso profilo limitandosi alla cronaca. Unica nota stonata il programma televisivo di approfondimento Een Vandaag in onda su Nederland 1 uno dei canali nazionali; le immagini di una giornalista inviata a Donetsk che sul luogo dell’incidente muove ciò che resta degli oggetti personali e apre un diario di viaggio leggendone al pubblico alcuni passaggi (curiosamente la vittima raccontava di un soggiorno in Italia) ha scatenato una pioggia di proteste che hanno obbligato il programma a porgere scuse ufficiali.
Da oggi si torna alla razionalità, alle polemiche (su questo gli olandesi sono veri esperti) allo scontro ma la sobria e silenziosa processione dello Stille tocht, il corteo di cordoglio di mercoledì scorso, lungo le vie di Amsterdam, che ha visto migliaia di cittadini comuni portare omaggio alle vittime del disastro aereo, non verrà facilmente dimenticata.