Il governo ha annunciato l’arrivo per la prossima settimana del decreto “Sblocca Italia, che consentirà di far partire, e ripartire, cantieri in tutto il Paese, liberando risorse fino a 43 miliardi di euro. La maggior parte dei finanziamenti, come ha ricordato il premier Matteo Renzi nei giorni scorsi, sono “già conteggiati”. Il governo si impegnerebbe, secondo le ultime bozze del provvedimento ancora in fase di definizione, a mettere risorse fresche ogni anno per le grandi opere per circa 4,5 miliardi, e altri 3,7 (ma in 6 anni) saranno destinati alle miriadi di piccoli e grandi cantieri aperti e fermi, anche da anni.

Ottimista il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi: “Servirà per far rialzare la testa al Paese”. “Al lavoro sul dossier infrastrutture” ha twittato Renzi. Ma la lista delle richieste avanzate da sindaci per liberare piccole opere bloccate da lungaggini burocratiche, veti, o carenza di risorse, è lunga. A questo si aggiunge il monitoraggio dello stato dell’arte delle opere pubbliche in tutte le Regioni (all’appello manca solo la Calabria), un altro elenco di oltre 600 cantieri la maggior parte già avviati. I testi, come confermato oggi da Lupi, arriveranno sul tavolo del Consiglio dei ministri della prossima settimana. Poi si dovrebbe aprire una fase di consultazione per partire in via definitiva a settembre.

Con Lo sblocca Italia, da un lato si punta a rivedere il piano delle infrastrutture strategiche, con la riforma della legge obiettivo che dovrebbe avere, stando alle ultime bozze, un finanziamento fisso dello 0,3% del Pil. Dall’altra arriveranno semplificazioni, incentivi e sgravi fiscali per rilanciare gli investimenti privati. Allo studio ci sono strumenti finanziari innovativi per produrre un effetto leva su capitali privati attraverso le risorse pubbliche, come i project bond e il parternariato pubblico-privato. Ma arriveranno anche nuovi finanziamenti, per circa 3,7 miliardi spalmati tra 2014 e 2019, innalzando il fondo “sblocca cantieri” nato nel 2013 con una dote di 2 miliardi.

Le infrastrutture oggetto di attenzione saranno non saranno solo le grandi opere già previste – e finanziate – dalla legge di stabilità, come l’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari o la Brescia-Padova, ma anche alcune di quelle segnalate dalle amministrazioni locali (dalla Metro C a Roma, al Teatro Margherita a Bari, fino alla metanizzazione di alcuni quartieri di Catania). Riguardo all’alta velocità Napoli-Bari, la bozza del decreto – anticipa Public Policy – prevede che “l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato SpA (Michele Mario Elia, imputato per la strage di Viareggio, ndr) è nominato commissario delegato per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli – Bari”. “Gli interventi da praticarsi sull’area di sedime della tratta ferroviaria Napoli – Bari sono dichiarati indifferibili, urgenti e di pubblica utilità”, si legge ancora, “e per la loro realizzazione il commissario delegato può richiedere la collaborazione delle strutture delle amministrazioni centrali e territoriali dello Stato, delle società ed enti pubblici, delle amministrazioni regionali e degli enti locali interessati”.

E sul tavolo ci sono anche le infrastrutture indicate nel 2013 nel decreto del Fare del governo Letta (la copertura del passante ferroviario di Torino, il potenziamento della ferrovia Novara-Malpensa, la rimozione dei passaggi a livello sull’Adriatica nel tratto Foggia-Lecce e la terza corsia autostradale in Friuli). E dovrebbero trovare spazio anche la metro 1 di Napoli, il rifinanziamento del programma “6.000 campanili”, o gli interventi del Piano Città.

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