La storia si ripete per Rupert Murdoch. A 83 anni suonati, l’instancabile “squalo” australiano dei media mondiali dovrà sudarsi la conquista della Time Warner, che controlla la prima rete di informazione al mondo con un servizio attivo 24 ore su 24, la Cnn. Del resto era già accaduto nel 2007 nel corso della durissima trattativa con la famiglia Bancroft che lo portò alla conquista della roccaforte dell’informazione economico-finanziaria globale, il Wall Street Journal, per la stratosferica cifra di 5,6 miliardi di dollari. E soprattutto, non si tratta della partita in casa che nei giorni scorsi, l’ha visto concludere le manovre per costruire la prima pay tv del Vecchio continente unendo le filiali Sky Italia e Germania sotto il cappello inglese della controllata Bskyb.
Sette anni fa i vecchi proprietari del Wsj prima di alzare bandiera bianca avevano contestato le pratiche giornalistiche di Murdoch – e lo scandalo delle intercettazioni private finite sul suo tabloid inglese News of the world non era ancora venuto a galla – chiedendo al compratore di creare un comitato indipendente per salvaguardare gli standard etici del quotidiano. Oggi, invece, le perplessità di Time Warner che ha già respinto al mittente un’offerta di 80 miliardi di dollari, sono per la la gestione societaria e il piano di successione dello squalo. E così il consiglio di amministrazione ha limitato i poteri degli azionisti, eliminando la possibilità di chiedere assemblee straordinarie per mettere pressione alla società. Una mossa legale che di fatto impedisce agli azionisti di Time Warner di chiedere voti fino al prossimo giugno, quando si terrà l’assemblea generale.
Dal canto suo Murdoch, secondo le ultime indiscrezioni, sta valutando un’offerta al rialzo che includerebbe anche la concessione di posti in consiglio di amministrazione per gli investitori di Time Warner. Non è ancora chiaro di quanto posti si tratterebbe, ma l’apertura del tycoon punta a smorzare parte delle critiche che gli vengono rivolte. Un confronto fra le due società – riportava sabato l’agenzia di stampa americana Bloomberg – non appare in ogni caso facile: a separarle un divario culturale che rende le trattative in salite. Da un lato Murdoch con una società “familiare” e che contribuisce al partito repubblicano. Dall’altra parte Time Warner e il suo amministratore delegato, Jeff Bewkes, che guida invece una società ad azionariato diffuso che sostiene il partito democratico. Per tacere del confronto Cnn-Fox News. Murdoch di recente avrebbe cercato di avere contatti con Bewkes, invitandolo a cena per discutere un possibile accordo. Il manager finora ha rifiutato per timore che la cena venga resa pubblica come un segnale del suo favore a un accordo.
Difficile, però, che lo squalo getti la spugna. Tanto che secondo gli esperti di Wall Street, sta facendo cassa per alzare la posta in gioco e chiudere la partita a suo favore, esattamente come fece con il Wall Street Journal, ceduto dalla famiglia Bancroft al secondo tentativo e nonostante le durissime reazioni della stampa americana all’operazione. Che ha contribuito ad alimentare l’enorme potere mediatico del tycoon australiano sostenuto da un impero assemblato negli anni a suon di acquisizioni capaci di creare un colosso da 8,89 miliardi di fatturato. Non a caso, begli ambienti finanziari, si inizia anche ad ipotizzare che, nel caso di successo dell’offerta su Time Warner, Murdoch possa procedere alla cessione della Cnn il cui modello è stato in qualche modo replicato da grandi gruppi come Al Jazeera.
Niente di ufficiale per ora, s’intende. Ma di sicuro in ambito politico internazionale non mancano malumori e imbarazzi sull’affare. Anche per via delle vecchie ombre gettate sull’imprenditore dallo scandalo britannico di News of the world, controllata dalla filiale europea News International. Una vera spy story che fece tremare Downing Street e scomodò Scotland Yard portando alla luce intercettazioni illegali commissionate da parte del direttore della rivista Andy Coulson, ex consigliere del premier David Cameron, allo scopo di realizzare scoop giornalistici e vendere più copie.
Una vicenda che Murdoch ha tentato di arginare chiudendo il settimanale inglese per cercare di dimostrare la buona fede nella gestione della sua potente macchina mediatica. Ciononostante uno scandalo di questa dimensione è difficile da far dimenticare. Anche perché mette sotto i riflettori il delicato ruolo dell’industria dei media nei sistemi democratici occidentali. E soprattutto l’importanza dell’informazione, merce pregiata e rara che secondo la rivista Forbes ha permesso allo “squalo” australiano di accumulare l’83esima fortuna del mondo con un patrimonio da 13,7 miliardi di dollari, quasi al doppio di quello di Silvio Berlusconi, in 164esima posizione nella classifica della rivista americana.