S’indignò naturalmente Silvio Berlusconi: “Sono pretestuosi i 2.100 emendamenti della sinistra alla legge sulle opere pubbliche firmata da Lunardi!”. Era il 2001, tredici anni fa. Si era però già indignato nel 1996 Romano Prodi: “L’opposizione difficilmente pensa all’interesse generale”. L’Ulivo era infatti stato bombardato da 74.652 emendamenti sganciati dal grande popolo della libertà – in nome appunto della libertà e della democrazia – in cinque anni.

L’Udc che come sapete era e resta il partito della moderazione, della famiglia e perciò dell’equilibrio e della misura, non esitò a condurre scontri a fuoco limitati per difendere le proprie frontiere dagli attacchi nemici. Per esempio con trecento emendamenti realizzò una guerra lampo contro la proposta di riforma della legge elettorale, una delle tante, caldeggiata nel 2008 dal forzista Peppino Calderisi. Il fatto è che l’ostruzionismo ha un sapore particolare e anche un colore particolare. Dipende da dove ti metti, da come lo osservi, da quale Palazzo lo inquadri. Dipende, soprattutto, se sei in maggioranza o all’opposizione.

L’ostruzionismo è un fenomeno cangiante che conduce – a fasi alterne – alla rovina patria o alla resurrezione. L’ostruzionismo è di due tipi, come il colesterolo. C’è quello buono, se condotto da me, e quello cattivo se proposto da te. L’ostruzione subisce un’assonanza divaricante: può significare distruzione o costruzione. Sempre grazie a quel meraviglioso effetto ottico, a quei punti di vista ambulanti. Oggi il Quirinale teme che l’ostruzione alla riforma del Parlamento debiliti la politica al punto da farle perdere ogni rispetto tra la gente comune.

Ieri, sempre il Quirinale, quando avanzava perplessità contro le leggi “ad personam” riteneva benedetta l’ostruzione parlamentare. Esistono perciò fasi alterne della democrazia, il cui motore s’accende o s’inceppa, a seconda di chi è alla guida dell’auto. L’ostruzionista è un tipico umano d’opposizione. Egli, per principio, scatena tutte le sue forze contro il “golpe“, avvertito o solo temuto. Enrico La Loggia, ora scomparso dai radar ma al tempo del governo Prodi capogruppo berlusconiano, sobbalzava a ogni provvedimento: “È un golpe! È un golpe!”. A parti rovesciate la stessa parola comparve sulle bocche del Pd. Uno degli ultimi annunciatori di golpe, l’onorevole Quartiani, comparve misteriosamente nel dicembre 2012. Disse alla Camera: “Quello che si sta tentando è un vero e proprio golpe!”. Parlava del “decreto firme”, il monte necessario di sottoscrizioni per presentare alle elezioni una lista e le furbizie legislative imputate a Ignazio La Russa, alle prese con la deboluccia formazione di Fratelli d’Italia, per tentare una via di fuga, un sotterfugio, una piacevolissima deroga dall’obbligo.

Potente la dichiarazione di Dario Franceschini del 4 ottobre 2011 contro la legge dei berluscones che intendeva limitare le intercettazioni e legare le mani alle procure: “Metteremo in atto tutte le azioni di contrasto parlamentare che potremo, useremo tutte le virgole concesse dal regolamento per contrastare questa vera e propria porcheria”. Porcheria, proprio così disse. Dario guidava l’opposizione ed era contro. Oggi invece è ministro ed è a favore di un qualcosa che limiti quelle meravigliose intercettazioni. Infatti, Matteo Renzi le ha rubricate nelle linee guida per la riforma della giustizia: intercettare si può ma senza eccedere. E capisci a me!

Ogni tempo ha le proprie emergenze. Il placido Pierferdinando Casini non esitò a sfidare la forza gravitazionale del comma terra-aria per tutelare le mucche democristiane contro quelle padane. Ricordate le quote latte imposte da Bruxelles? La Lega difendeva coloro che le avevano evase. Pierferdinando sentenziò: “Noi facciamo la nostra parte in modo costruttivo ma ci prepariamo a una opposizione dura, limpida non avendo paura di forme ostruzionistiche e sapendo che in nessun caso come in questo si tratta di una battaglia per difendere gli allevatori onesti” (25 marzo 2009). “Pensa che l’opposizione per non disturbare il manovratore debba rinunciare al proprio ruolo?”, ha chiesto in aula un esponente del Movimento 5 stelle alla ministra Boschi. “Pensa che l’opposizione per non disturbare il manovratore debba rinunciare al proprio ruolo?”, domandò polemica nel 1997 nello stesso Parlamento la forzista Stefania Prestigiacomo al premier dell’Ulivo. Tutto implacabilmente torna.

Il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2014

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