Proprio perché malsopportiamo i riti della vecchia curia, troviamo, invece, doveroso apprezzare pubblicamente le parole usate da Francesco contro mafie e camorre, e, subito dopo, contro le guerre. Le sue non sono state espressioni generiche, ripetizioni di formule di rito, ma l’esposizione di un programma di azione contro i distruttori di speranza, contro i seminatori di odio, contro chi prospera vendendo armi e riducendo in schiavitù milioni di donne e di uomini. Ha solidarizzato con le vittime, ma ha anche “scomunicato” chi semina i veleni, chi inquina i pozzi, chi prospera su guerra e malaffare.
Il Papa non ha solo pregato per la pace, ma ha anche chiesto che si predispongano, ora e subito, iniziative per il cessate il fuoco, per il riconoscimento dello Stato di Palestina e la tutela del diritto a vivere in pace per Israele. Il suo No alla guerra (che è risuonato in questi giorni anche in altri luoghi, diversi per scelte religiosi e politiche), può e deve diventare il grido che accomuna milioni di cittadini, il filo conduttore di una grande iniziativa capace di coinvolgere l’opinione pubblica, a partire dall’Italia. Nel passato abbiamo assistito a peccaminose alleanze tra Stato e Chiesa per il controllo dei voti e per lo scambio di reciproci favori; mai come in questo momento sarebbe invece il caso di promuovere una “santa alleanza” per combattere i mercanti di morte e di malaffare. Questo Papa sembra pronto, qualcuno vorrà raccogliere la sua sfida e magari promuovere, anche nel mese di agosto, una campagna contro le guerre e contro il traffico delle armi?