Bankitalia: "La ridotta esposizione delle banche nei confronti della popolazione più rischiosa ha sostanzialmente limitato il deterioramento della qualità del credito”
Il numero degli italiani indebitati per importi rilevanti (oltre 75.000 euro) è raddoppiato in sei anni. Tra il 2005 e il 2011 il tasso di partecipazione al mercato dei prestiti è infatti aumentato di oltre 5 punti percentuali, superando il 12 per cento. Lo evidenzia l’occasional paper di Bankitalia La vulnerabilità finanziaria: un’analisi per classi di reddito, che esamina la situazione di un campione di individui tra 25 e 54 anni. Il fenomeno, si spiega nel dossier, “non è stato determinato dall’evoluzione del tasso di entrata (coloro che passano dalla condizione di non indebitato a quella di indebitato) ma da una marcata diminuzione del tasso di uscita (probabilità di passare dalla condizione di indebitato a quella di non indebitato), diminuito di oltre 3 punti”. La distribuzione dei debiti tra i diversi decili di reddito ”non ha mostrato cambiamenti significativi nel corso del tempo”, osserva Bankitalia. Nel 2011 il 73 per cento del debito era detenuto da soggetti con il reddito sopra la mediana (26 per cento nel solo decile più ricco), una percentuale all’incirca uguale a quella del 2005.
Tali differenze tra classi di reddito, si sottolinea, “sono soprattutto legate al fatto che il tasso di entrata in una situazione debitoria è maggiore per le classi di reddito più elevate, mentre il tasso di uscita è più omogeneo tra le classi di reddito”. Nel periodo considerato il tasso di entrata è calato per tutte le fasce di reddito, ma in misura inferiore per quelle più alte; tale dinamica ha compensato quella del tasso di uscita, calato in misura più accentuata per le classi inferiori alla mediana. Tra gli indebitati si osserva che “sono peggiorati tutti gli indicatori di rischio e di vulnerabilità finanziaria”. Nel 2011, nel quintile più povero la quota di soggetti con posizioni debitorie in sofferenza è raddoppiata rispetto al 2005, al 19 per cento (5,2 per cento nella media del campione, dal 2,8 per cento nel 2005). Incrementi significativi (oltre 3 punti percentuali) hanno interessato anche le fasce medie (secondo e terzo quintile), mentre la percentuale è rimasta stabile e intorno all’1 per cento per il quintile più ricco. Lo studio dimostra che la partecipazione al mercato del credito, e il rischio di credito, “sono significativamente correlati al reddito, alla professione, oltre che alle caratteristiche anagrafiche del debitore”.
Tra il 2005 e il 2011 coloro che hanno contratto un debito di importo rilevante erano caratterizzati da una ”rischiosità sostanzialmente più contenuta rispetto al resto della popolazione”: questa selezione positiva dei nuovi indebitati si è accentuata dopo la crisi del 2008. La vulnerabilità finanziaria, spiega Bankitalia, ha inevitabilmente “risentito del peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro”. Le stime, in particolare, mostrano che “la diminuzione del reddito e l’instabilità occupazionale hanno incrementato significativamente la probabilità di incorrere in difficoltà nel rimborso del debito, spiegando così la crescita della vulnerabilità nelle classi di reddito più basse”. La ridotta esposizione delle banche nei confronti della popolazione più rischiosa, sottolinea Bankitalia, “ha sostanzialmente limitato il deterioramento della qualità del credito”.