La privatizzazione di Poste slitterà al prossimo anno, dopo lo scarso interesse per l’operazione mostrato dagli investitori per Fincantieri. Lo sostiene il Financial Times. Inizialmente il Tesoro aveva prospettato la quotazione per il prossimo autunno, sperando di raccogliere dalla vendita “almeno 4 miliardi“, si legge. “Quello che è successo a Fincantieri ha fatto loro pensare”, ha riferito al quotidiano della City una fonte vicina al dossier aggiungendo che in “nessun modo” Poste approderà a Piazza Affari entro fine anno. I piani del governo su alcune delle aziende individuate per la privatizzazione, “tra cui Poste e il controllore del traffico aereo Enav, richiedono più tempo per essere pronte ad affrontare gli investitori internazionali“, sostengono altre fonti.

A complicare il debutto in Borsa di Poste è la sua partecipazione di quasi il 20 per cento in Alitalia. L’investimento del gruppo pubblico nella compagnia “controverso”, sottolinea l’Ft ricordando che l’amministratore delegato di Poste Francesco Caio è in trattative con il numero uno di Etihad, James Hogan, “su un accordo che porterebbe l’aggiunta di otto 737 aerei turbo come alimentatori nazionali per le rotte Etihad e aumentare la sua quota di mercato cargo”. Tuttavia, le fonti sottolineano come “le preoccupazioni per la regolamentazione circa l’investimento di Poste in Alitalia dovrebbero essere risolte prima della sua privatizzazione”.

Un aggiornamento è atteso per il primo agosto, quando è convocato il cda di Poste. La riunione potrebbe segnare l’ultimo passaggio prima della firma tra Alitalia ed Etihad. E, quindi, il via al riassetto, con la creazione delle nuove società. Poi l’attesa per la valutazione che la Commissione Europea dovrà fare dell’operazione: i soci arabi non potranno avere la quota azionaria di maggioranza e un eventuale diniego europeo potrebbe mettere in forse l’intera operazione, anche dopo la firma. Tanto più che c’è anche l’incognita della valutazione di Bruxelles sugli aiuti di Stato ad Alitalia via Poste.

Prima ancora del board del gruppo postale, in ogni caso, è prevista una riunione del cda di Alitalia. Sul fronte degli azionisti il nodo è rappresentato appunto dalla partecipazione di Poste, che sul piatto potrebbe mettere più dei 40 milioni dovuti per l’aumento di capitale. In cambio chiede che il proprio investimento abbia una ratio industriale. Come? Partecipando alla “nuova” Alitalia. I problemi restano due. Il primo: per evitare che Etihad abbia la maggioranza relativa con il 49%, il rimanente 51% dovrà stare in mano ad un solo soggetto. Potrebbe essere – e a questo si sta lavorando – una società che unisca Poste (con il 5%) e Cai, salvando così capra e cavoli. Tra la nuova Alitalia e la bad compagny, ci sarebbe quindi una società di mezzo. Ma si tratta di una soluzione sgradita alle banche chiamate al capezzale di Alitalia dall’ex premier Enrico Letta e dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, che così riceverebbero un trattamento di “sfavore” rispetto al gruppo pubblico.

Il secondo riguarda invece la reale sinergia industriale, che non solo darebbe valore a Poste, ma giustificherebbe anche l’operazione ai fini delle valutazioni antitrust europee. Ed è per questo che Caio sta trattando per conferire la sua piccola flotta di 8 aerei della sfortunata Mistral Air voluta da Corrado Passera quando guidava la società pubblica, per creare una nuova rete cargo in grado di rafforzare Alitalia nella logistica. Ma altre sinergie sono possibili sulla commercializzazione ed anche su aspetti assicurativi (con Poste Vita) e finanziari (ad esempio con la nascita di un’Alitalia Card fidelizzata con PostPay). Ovviamente un’operazione che abbia finalità industriali consentirebbe di superare gli ostacoli europei ma anche altri possibili problemi: come la minaccia dei consumatori dell’Adusbef di denunciare la società per un utilizzo errato dei risparmi postali.

A cornice del tutto il confronto sindacale. Gli accordi per il nuovo contratto con i relativi tagli sul costo del lavoro chiesti dagli arabi, nonostante il mancato quorum raggiunto con il referendum dei lavoratori, sono validi. Sottoscritti dalla maggioranza dei dipendenti. Ma – è evidente – l’avvio della compagnia richiede un clima di “pace sociale”. Così il governo punterà a recuperare il dissenso della Uil e delle altre sigle di piloti e assistenti di volo che lamentano tagli più consistenti al personale navigante. Senza un accordo complessivo martedì partiranno le convocazioni di Lupi. Lo snodo è però fissato a mercoledì quando la Uilt incontrerà il proprio segretario generale Luigi Angeletti. La Uil sostiene che la mancata firma al nuovo contratto non inficia la possibile intesa con Etihad, ma su questo punto le diplomazie sono al lavoro. 

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