Arnoldo Mondadori Editore, Giorgio Mulè e Giacomo Amadori, direttore e giornalista di Panorama, devono risarcire con 55mila euro Patrizia D’Addario perché avevano sostenuto che la escort barese fosse coinvolta in un “complotto” ai danni dell’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, con il quale la donna disse di aver trascorso un ‘dopo-cena’.
“Gli autori – ricostruisce il tribunale civile di Milano – intendevano accreditare la tesi che l’incontro tra Patrizia D’Addario e Berlusconi e l’emersione della vicenda sul piano mediatico nazionale ed internazionale (le feste nelle residenze dell’ex premier, ndr) non fossero frutto di una mera serie di coincidenze o di casualità, ma costituissero il prodotto di una preordinata manovra politico-giudiziaria da parte del milieu politico, professionale e mediatico legato al partito avversario dell’allora capo del governo”, i quali “attraverso l’ausilio della D’Addario, a tal fine prezzolata, avevano creato le occasioni per la realizzazione degli incontri mercenari al fine di montare un caso mediatico-giudiziario-politico contro l’ex capo di governo”.
Una tesi che, secondo i giudici, è emersa in tre articoli pubblicati nel febbraio 2010 intitolati ‘Operazione D’, ‘Complotto in 3 mosse’, ‘I vizietti di Patrizia’. Per il Tribunale “non può dirsi raggiunta la prova della sussistenza del complotto” e di presunte “indagini riservate da parte dei vertici dell’ufficio inquirente di Bari, indagini – si legge nella sentenza – rivelatesi essere, in realtà, inesistenti”. Nel ricostruire la vicenda il Tribunale di Milano ricorda il caso giudiziario che ha coinvolto l’allora capo della Procura di Bari, Antonio Laudati, rinviato a giudizio dal Tribunale di Lecce per abuso d’ufficio e favoreggiamento “in relazione ai medesimi fatti”, per essere intervenuto in favore di Berlusconi. Questi fatti, secondo i giudici di Milano, ”sarebbero sufficienti per affermare lo stravolgimento dei fatti” descritti negli articoli ritenuti diffamatori.